#007 - Pescatori di uomini - Matteo 4:18-25


In Galilea Gesù rivede i fratelli Simone e Andrea. La prima volta che si sono incontrati in Giudea entrambi erano ancora discepoli di Giovanni Battista, ascoltandolo dire che Gesù era l’Agnello di Dio. In quell’occasione avevano già cominciato a seguire Gesù, e Simone aveva ricevuto un nuovo nome: Pietro. Questo si trova nel primo capitolo del Vangelo di Giovanni.

sono stati invitati a conoscere il posto dove Gesù viveva. Era un invito alla salvezza, lo stesso invito che Gesù fa a ogni persona che ha un primo contato con lui. “Vuoi sapere dove abito? Allora vieni con me!”, è più o meno quello che Gesù dice a ciascun cuore (Giovanni 1:39). Ed è un invito al cielo.

In questo secondo incontro in Galilea, descritto adesso da Matteo, tutti e due sono chiamati al servizio. L’ordine è sempre uguale: prima ricevi l'invito per esser salvato, poi per servire. Prima la fede, poi le opere; prima il perdono dei peccati, poi il frutto della fede; prima il cielo, poi la terra.

Simone e Andrea erano pescatori, e Gesù li ha chiamati per essere pescatori di uomini. Tutto quello che dovevano fare, era seguire Gesù.

La capacità e il potere per trasformarli in pescatori di uomini verrebbero da Dio, e non da una facoltà di teologia o qualcosa del genere. Non sarebbe stata una pesca fatta con le loro reti, le stesse che si erano lasciate dietro. Non dovevano neanche andare in giro a imprigionare le persone, come si fa con i pesci, ma a liberarle. E camminando con Gesù, diventerebbero esche vive. Così porterebbero il sapore e la fragranza di Gesù ovunque andassero.

Il pescatore di uomini va dov’è il pesce, corre rischi e non fa rumore per non attirare l’attenzione su se stesso. Parla di Gesù, di perdono e salvezza, e non di una religione, usanze o prosperità. Il tema del pescatore di uomini è Gesù, il quale ha reso concreta la maggior prossimità fra Dio e le sue creature. E la buona novella non è una lista di cose da fare, ma un’allegra notizia: Gesù è morto ed è risuscitato per salvare e giustificare il peccatore.

In questo capitolo 4 del Vangelo di Matteo altri due pescatori sono chiamati a diventare pescatori di uomini: Giacomo e Giovanni. Immediatamente lasciano la loro barca e il loro padre Zebedeo, e seguono Gesù. Immediatamente! Gesù ha la priorità.

Molti imprenditori, politici e artisti di quell’epoca hanno avuto i loro nomi cancellati dalla polvere dei secoli. I nomi dei pescatori Pietro, Andrea, Giovanni e Giacomo, però, rimangono fino ad oggi perché hanno avuto un incontro con Gesù, e sono stati chiamati ad annunciare la buona notizia della salvezza, che è quanto significa la parola “vangelo”. Questo incontro ha conseguenze eterne.

E tu, sei già stato “pescato”? Sei già stato chiamato? Se è così, benvenuto al club dei perdenti, nei prossimi 3 minuti.

Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#006 - Una persona o una religione? - Matteo 4:12-17



Dopo aver saputo che Giovanni Battista era stato messo in prigione, Gesù torna in Galilea, luogo in cui era cresciuto. E adotta Capernaum come il campo base del suo ministero, facendo lì la maggior parte dei suoi segni e miracoli.

Capernaum si trova sulle rive del Mare di Galilea che in verità è un lago d’acqua dolce, lungo circa 22 chilometri e largo 13. Quando i vangeli parlano di barche e di mare, si riferiscono a questo lago, e quando parlano di pesci, probabilmente sarebbero delle tilapie.

Molto tempo prima il profeta Isaia aveva predetto che il Messia abiterebbe in questa regione e che, nella Galilea dei gentili, “il popolo che camminava nelle tenebre” avrebbe visto una gran luce (Isaia 9:1). Così, dopo che Giovanni Battista è stato respinto e imprigionato dai giudei, essendo lui il precursore della luce che è venuta nel mondo, Gesù va appunto in una regione abitata principalmente da non giudei, cioè dai gentili. All’epoca era la regione più globalizzata della Palestina, dove passava la strada che collegava l’Egitto alla Babilonia, una rotta commerciale internazionale.

Nonostante sia venuto per i giudei, la fama del rigettato Re d’Israele si diffonde in tutta la Siria. Qui troviamo l’embrione della più internazionale delle credenze: la fede cristiana. Le persone cercano di aggiungere un’infinità di elementi culturali e regionali alla fede cristiana, ma in realtà, nella sua essenza, essa si concentra su una persona, Gesù, e non su una religione, cultura o usanze.

Molto di quello che vedi in giro, come cleri, templi, immagini, vestiti e utensili speciali, non è altro che una diffusa insensatezza, che non ha nulla a che fare con Gesù. Sono cose che la cristianità ha preso dal giudaismo e dalle religioni pagane, nel tentativo di rendere la fede cristiana riconoscibile per mezzo di cose visibili.

Eh già, quando qualcosa è visibile, non ha più bisogno della fede! Se credi in Gesù, credi in una persona, in Dio stesso, che non è soggetto a paesi, epoche o culture perché è eterno. La fede cristiana si basa su un fatto: il Figlio di Dio è venuto al mondo, è morto per i nostri peccati ed è risuscitato il terzo giorno. È la fede in un Gesù vivo, in cielo.

Ora l'unica parte visibile della fede cristiana sulla terra è il corpo di Cristo, la chiesa. Non sto parlando di un edificio di pietre o mattoni, però di ciò che la Bibbia ci insegna, ossia che la chiesa è il corpo formato da tutti quelli che credono in Gesù, che sono nati di nuovo e che sono stati salvati da lui.

Se la tua fede è in una religione, in un’organizzazione religiosa, o in qualsiasi altra cosa che non sia nella persona stessa di Gesù, stai sprecando il tuo tempo. La religione è l'idea di fare qualcosa per riconnetterci a Dio. Ma insomma, cosa dovremmo poi compiere, se ciò che doveva esser fatto Gesù l’ha già fatto?

Le ultime parole di Buddha sono state: "Lavorate molto per conquistarvi la salvezza.". Le ultime parole di Gesù sono state: "È compiuto!" (Giovanni 19:30).

E tu a cosa credi? A una persona viva o a una religione morta?

Nei prossimi 3 minuti, se non sarai un pescatore sarai un pesce.


Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

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