La Bibbia non ci dice chi fosse Teofilo, però è facile immaginare che
potrebbe essere chiunque, compresi te e me. Questo nome greco è composto
da due parole: ‘Teo’, che significa ‘Dio’, e ‘filo’, che vuol dire ‘amico’.
Pertanto,
se sei amico di Dio, allora Teofilo sei tu. Lo stesso Luca, nel libro
degli Atti, continuerà a scrivere a Teofilo, essendo così la
continuazione di questo suo vangelo.
La Bibbia è un insieme di libri, ciascuno dei quali ci mostra lo stile
peculiare del suo autore umano e dell’ispirazione divina. Dio non ha
soppresso le caratteristiche individuali degli strumenti umani da lui
ispirati, proprio come qualsiasi musicista non
elimina le proprietà dello strumento musicale che suona; e ogni
musicista, infatti, sa che pure due strumenti identici possono emettere
ognuno un suo suono specifico.
Tale quale un giornalista investigativo, Luca ha fatto delle ricerche
accurate, intervistando persone che avevano vissuto con Gesù. Il suo
vangelo, il più dettagliato dei quattro, è stato scritto circa 30 anni
dopo la morte e la risurrezione di Gesù, quando
molti testimoni oculari di tali avvenimenti erano ancora vivi. Sì, il
momento era perfetto per evitare la distorsione causata dalla tradizione
orale. Dunque, si verrebbe a dimostrare che il testo non è stato
ispirato? Al contrario, ciò indicherà che Luca non
ci ha trasmesso una leggenda, ma si è basato sui fatti.
La prova di questa ispirazione la si scopre in alcune sue particolarità,
impossibili di essere conosciute da Luca o dai suoi intervistati. È il
caso dei sentimenti, impressioni ed eventi riservati. Faccio un esempio:
come Luca avrebbe potuto sapere che Zaccaria
ed Elisabetta “erano entrambi giusti agli occhi di Dio” (Luca
1:6), se Dio stesso non glielo avesse rivelato? Oppure come avrebbe
potuto scrivere dell’angoscia di Gesù nella sua preghiera sul Monte
degli Ulivi? O del suo sudore, che è divenuto simile
a gocce di sangue, e dell’angelo che lo confortava, se i discepoli
stavano dormendo e nessun altro l’aveva visto? (Luca 22:43-45)
Inoltre, guarda quanto sono interessanti queste due citazioni di Paolo in 1 Timoteo 5:18: “La Scrittura infatti dice: «Non mettere la museruola al bue che trebbia», ed ancora: «L'operaio è degno del suo salario».”. Qui l’apostolo ha citato prima un passo
dell’Antico Testamento (Deuteronomio 25:4), e poi un versetto di Luca 10:7, chiamandoli entrambi “Scrittura”,
ossia usando un termine sempre utilizzato per la Parola di Dio. Paolo,
il quale aveva cominciato a scrivere le sue lettere poco dopo Luca,
chiaramente già attribuiva al suo vangelo lo status di Sacra Scrittura.
E altrettanto ha fatto Pietro, nel capitolo 3 della sua seconda
lettera, chiamando “Scritture” le lettere di Paolo. (2 Pietro 3:16)
In effetti, credere in Gesù implica, per di più, credere nella Bibbia
come essendo la Parola di Dio. Del resto, in quale modo avresti potuto
conoscere Gesù se non attraverso la rivelazione fatta ai quattro
evangelisti e confermata dalle epistole degli apostoli?
Nei prossimi 3 minuti incontreremo Zaccaria.
Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)