#312 – L’ispirazione divina – Luca 1:1-4

La Bibbia non ci dice chi fosse Teofilo, però è facile immaginare che potrebbe essere chiunque, compresi te e me. Questo nome greco è composto da due parole: ‘Teo’, che significa ‘Dio’, e ‘filo’, che vuol dire ‘amico’. Pertanto, se sei amico di Dio, allora Teofilo sei tu. Lo stesso Luca, nel libro degli Atti, continuerà a scrivere a Teofilo, essendo così la continuazione di questo suo vangelo.

La Bibbia è un insieme di libri, ciascuno dei quali ci mostra lo stile peculiare del suo autore umano e dell’ispirazione divina. Dio non ha soppresso le caratteristiche individuali degli strumenti umani da lui ispirati, proprio come qualsiasi musicista non elimina le proprietà dello strumento musicale che suona; e ogni musicista, infatti, sa che pure due strumenti identici possono emettere ognuno un suo suono specifico.

Tale quale un giornalista investigativo, Luca ha fatto delle ricerche accurate, intervistando persone che avevano vissuto con Gesù. Il suo vangelo, il più dettagliato dei quattro, è stato scritto circa 30 anni dopo la morte e la risurrezione di Gesù, quando molti testimoni oculari di tali avvenimenti erano ancora vivi. Sì, il momento era perfetto per evitare la distorsione causata dalla tradizione orale. Dunque, si verrebbe a dimostrare che il testo non è stato ispirato? Al contrario, ciò indicherà che Luca non ci ha trasmesso una leggenda, ma si è basato sui fatti.

La prova di questa ispirazione la si scopre in alcune sue particolarità, impossibili di essere conosciute da Luca o dai suoi intervistati. È il caso dei sentimenti, impressioni ed eventi riservati. Faccio un esempio: come Luca avrebbe potuto sapere che Zaccaria ed Elisabetta “erano entrambi giusti agli occhi di Dio” (Luca 1:6), se Dio stesso non glielo avesse rivelato? Oppure come avrebbe potuto scrivere dell’angoscia di Gesù nella sua preghiera sul Monte degli Ulivi? O del suo sudore, che è divenuto simile a gocce di sangue, e dell’angelo che lo confortava, se i discepoli stavano dormendo e nessun altro l’aveva visto? (Luca 22:43-45)

Inoltre, guarda quanto sono interessanti queste due citazioni di Paolo in 1 Timoteo 5:18: “La Scrittura infatti dice: «Non mettere la museruola al bue che trebbia», ed ancora: «L'operaio è degno del suo salario».”. Qui l’apostolo ha citato prima un passo dell’Antico Testamento (Deuteronomio 25:4), e poi un versetto di Luca 10:7, chiamandoli entrambi “Scrittura”, ossia usando un termine sempre utilizzato per la Parola di Dio. Paolo, il quale aveva cominciato a scrivere le sue lettere poco dopo Luca, chiaramente già attribuiva al suo vangelo lo status di Sacra Scrittura. E altrettanto ha fatto Pietro, nel capitolo 3 della sua seconda lettera, chiamando “Scritture” le lettere di Paolo. (2 Pietro 3:16)

In effetti, credere in Gesù implica, per di più, credere nella Bibbia come essendo la Parola di Dio. Del resto, in quale modo avresti potuto conoscere Gesù se non attraverso la rivelazione fatta ai quattro evangelisti e confermata dalle epistole degli apostoli? Nei prossimi 3 minuti incontreremo Zaccaria.

Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#311 – LUCA – Luca 1:1-4

Ogni vangelo ci presenta Gesù in un carattere diverso. Matteo ci mostra il Re promesso a Israele, ragion per cui il suo testo è strapieno di espressioni tipo: “si adempì quanto era stato detto dal profeta” (Matteo 27:9). E notiamo che lì la genealogia di Gesù risale solo fino al re Davide. Questo apostolo era stato un esattore di tasse, conoscendo bene le faccende del governo reale, mentre si vedrà nel libro degli Atti che, invece, l’evangelista Marco agisce in qualità di servo degli apostoli: il suo vangelo ci rivela il Servo Gesù. Quindi, non aspettarti di trovare una genealogia sul curriculum di un servo.

Nel vangelo di Giovanni, al contrario, Gesù è il Dio eterno, senza principio né fine, e tuttavia accessibile all’uomo. Giovanni era “il discepolo che egli amava” (Giovanni 19:26), colui che “si era anche posato sul petto di Gesù” (Giovanni 21:20). Infine, adesso abbiamo Luca, un medico, descrivendo Gesù nel modo che solo un tale professionista lo potrebbe fare: come un essere umano. In questo vangelo la genealogia inizia con Adamo, il primo esemplare dell'umanità.

Re, Servo, Uomo e Dio: è così, e in quest'ordine, che Gesù compare nei vangeli. Qualsiasi cosa meno di questo, non proviene da Dio. E a proposito della Scrittura, Luca ci dà un buon indizio su come essa sia stata ispirata. Lui, a differenza degli altri tre evangelisti, apparentemente non aveva avuto nessun contatto diretto con Gesù. Non era un apostolo, come lo erano stati Matteo e Giovanni, eppure Dio ha voluto servirsi di lui per farci conoscere il Figlio eterno di Dio.

Qui i primi quattro versetti ci aiutano a comprendere che i testi ispirati non sono messaggi psicografici o scritti sotto una sorta di trance medianica. Questi scrittori non venivano usati come mere carcasse possedute, giacché avevano il completo controllo delle loro facoltà mentali. Paolo, nella sua prima lettera ai Corinzi, chiarisce che “gli spiriti dei profeti sono sottoposti ai profeti, perché Dio non è un Dio di confusione, ma di pace” (1 Corinzi 14:32-33).

Chi proferisce qualcosa da parte di Dio – ed è questo il senso del profetizzare – non perde la padronanza di sé, non cambia il tono della sua voce, e nemmeno si dibatte come se fosse un burattino nelle mani di qualche entità spirituale. Tutto ciò lo troverai nei rituali pagani e demoniaci, non nelle cose di Dio. Pertanto, siate consapevoli che non tutto quello che oggi ci viene presentato come essendo proveniente da Dio, sarà veramente proveniente da Dio. L’isteria, la finzione o la possessione demoniaca fanno sì che qualcuno perda il controllo di se stesso e, così facendo, voglia fingere di essere un profeta di Dio.

Dobbiamo essere saggi, prudenti e diligenti per discernere quanto deriva da Dio o meno. Nei prossimi 3 minuti, appunto, Luca lo sarà, mentre racconta a Teofilo questo interessantissimo resoconto della vita di Gesù. Ma, chi è Teofilo? Scoprilo nei prossimi 3 minuti.

Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#310 – Senza fine – Giovanni 21:18-25

Dopo esser stato, per così dire, sottoposto ad esame da Gesù, quando infatti gli aveva chiesto per ben tre volte se lo amava, dandogli chiaramente una triplice responsabilità, Pietro sa che il suo desiderio sarà esaudito. Ma quale desiderio? Quello di morire per il suo Signore. Prima della crocifissione, e prima ancora del suo triplice rinnegamento, Pietro si era detto pronto a morire. Qui Gesù gli assicura che questo succederà, con le seguenti parole:
 
Quando eri giovane, ti cingevi da te e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio, stenderai le tue mani e un altro ti cingerà e ti condurrà là dove tu non vorresti.” E il brano continua: “Or disse questo per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio.” (Giovanni 21:18-19).
 
L’intenzione di Pietro appariva nobile, tuttavia metterla in pratica era fuori dalla sua portata. Altrettanto era accaduto a Mosè: voleva liberare il popolo d’Israele dalla schiavitù, però ha iniziato uccidendo un egiziano. Il suo proposito era buono, eppure non avrebbe mai potuto essere realizzato tramite i suoi sforzi, guidati dalla sua volontà.
 
Dopo aver vissuto quarant’anni alla corte del Faraone, essendo istruito in tutta la sapienza dell’Egitto, Mosè poi è stato costretto a vivere quarant’anni nascosto, per poter imparare a non fidarsi di se stesso. E solo allora avrebbe potuto essere pronto a guidare il popolo in un pellegrinaggio di altri quarant’anni attraverso il deserto, verso la terra di Canaan.
 
Se Pietro fosse morto prima, lo sarebbe stato per la sua propria gloria. Ma ora lui sarà morto per la gloria di Dio. Paolo ha ben espresso quale deve essere il sentimento del cristiano riguardo al glorificare Dio nella vita o nella morte: “Cristo sarà magnificato nel mio corpo, o per vita o per morte. Per me, infatti, il vivere è Cristo, e il morire guadagno.” (Filippesi 1:20-21).
 
Quando Pietro domanda cosa ne sarà di Giovanni, Gesù gli risponde: “Se voglio che lui rimanga finché io venga, che te ne importa?” (Giovanni 21:22). Ciò ha fatto sì che si pensasse che Giovanni non sarebbe morto, però il testo stesso spiega che il Signore non intendeva questo. Giovanni sarebbe rimasto in vita fino al ritorno di Cristo perché gli sarebbe stata mostrata questa riapparizione di Gesù dalla rivelazione dell’Apocalisse. Prima di morire, già in età avanzata, l’apostolo ha avuto il privilegio di vederlo tornare, appunto nella visione che ha ricevuto.
 
Questo vangelo di Giovanni non ha inizio né fine, poiché così è Gesù: Dio eterno. L’aveva cominciato affermando che “tutte le cose sono state fatte per mezzo di lui (la Parola), e senza di lui nessuna delle cose fatte è stata fatta.” (Giovanni 1:3). E adesso dichiarerà: “Or vi sono ancora molte altre cose che Gesù fece, che se fossero scritte ad una ad una, io penso che non basterebbe il mondo intero a contenere i libri che si potrebbero scrivere.” (Giovanni 21:25).
 
Sarebbe possibile descrivere tutto quanto ha fatto Gesù? No, assolutamente no. Il profeta Isaia l’ha chiamato “Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre eterno, Principe della pace.” (Isaia 9:5). Il Vangelo di Giovanni ci ha mostrato Gesù: Dio infinito e Uomo accessibile. Cosa aspetti per credere in lui? Cosa aspetti a dedicargli la tua vita?

Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

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