#284 - Nel fuoco incrociato - Giovanni 19:1-12

Due uomini si ritrovano coinvolti in un fuoco incrociato. Uno è Gesù, aggredito da ogni parte: dal popolo, dal clero e dai soldati. Subito dopo sarebbe rimasto intrappolato in un altro fuoco incrociato: la croce. Le sue creature continuerebbero ad attaccarlo da un lato, mentre Dio lo attaccherebbe dall’altro, castigandolo per peccati non commessi.


Nel capitolo 50 di Isaia, il Signore stesso descrive, in forma profetica, il momento in cui viene coronato di spine e vestito del manto purpureo di un re: “Ho presentato il mio dorso a chi mi percuoteva e le mie guance a chi mi strappava la barba; non ho nascosto il mio volto all'ignominia e agli sputi. (Isaia 50:6).


Prima di farsi trafiggere le mani e i piedi dai chiodi, Gesù ha dovuto permettere, per così dire, che Dio gli ‘forasse le orecchie’. Nel capitolo 21 del libro di Esodo, la Legge determinava che uno schiavo ebreo sarebbe rimasto sottomesso al suo padrone soltanto durante sei anni. Al settimo, diventerebbe libero. Tuttavia, anche se avesse ricevuto una moglie dal suo signore, e lei gli avesse dato dei figli, solo lui sarebbe liberato.


C’era, però, una maniera per dimostrarle il suo amore: basterebbe rifiutare questa libertà. E affinché ciò accadesse, il suo padrone avrebbe dovuto condurlo davanti ai giudici, accostare il suo orecchio allo stipite della porta, forandolo con una punta di metallo. Tale legno rimarrebbe marcato e l’orecchio dello schiavo forato. Avrebbe portato per sempre sul suo corpo il segno del suo amore verso la sua sposa.


Nel Salmo 40, Gesù parla profeticamente al Padre: “Tu non prendi piacere né in sacrificio né in offerta; mi hai forato le orecchie.”. Per amore della sua sposa, la Chiesa, Cristo si è fatto servo, disponendosi a morire. Nello stesso Salmo, continua dicendo: “Dio mio, io prendo piacere nel fare la tua volontà (Salmo 40:6-8). Ecco perché in questo vangelo vediamo un Salvatore sereno e tranquillo in mezzo a frustate, pugni e sputi. Sa che è volontà del Padre che lui dia la sua vita in sacrificio al posto del peccatore.


Pilato, invece, è angosciato. Per ben tre volte aveva detto di non trovare nessuna colpa in quell’Uomo, ed aveva cercato di far cambiare idea ai giudei. Pure sua moglie l’aveva avvertito di “non avere nulla a che fare con quel giusto”, poiché aveva molto sofferto in sogno a causa sua (Matteo 27:19). E il terrore di Pilato aumenterà ancor di più quando gli accusatori affermeranno che Gesù si è dichiarato Figlio di Dio. “Di dove sei tu?”, gli domanda Pilato, senza ricevere risposta. Allora, l’orgoglio di Pilato gli dà alla testa: “Non sai che io ho il potere di crocifiggerti e il potere di liberarti?”. Beh, adesso Gesù gli risponde: “Tu non avresti alcun potere su di me se non ti fosse dato dall'alto”  (Giovanni 19:9-11).


Sì, Pilato è terrorizzato, ma il grido dei giudei è decisivo: “Se liberi costui, tu non sei amico di Cesare (Giovanni 19:12). Lui, di sicuro, non intendeva correre questo rischio, per quanto la sua coscienza gli dicesse di fare il contrario.


Nei prossimi 3 minuti toccherà a me chiederti: ‘Qual è il tuo Cesare?

Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#283 - Di sangue in sangue - Esodo 12

Adamo ed Eva, dopo aver peccato e aver perso la loro innocenza, sono presenti quando Dio sacrifica un animale per vestirli con tuniche di pelle. Il sangue di un animale innocente sparso a favore del peccatore permetteva a Dio di continuare ad agire in grazia verso l’umanità. Abele, nei tempi della coscienza, ne era consapevole, poiché ha compiuto pure lui un sacrificio di sangue, il quale è stato accettato da Dio.


Poi Noè dà inizio all’era del governo umano, versando il sangue nel sacrificio di quadrupedi e uccelli che aveva portato con sé nell’arca a tale scopo. Anche all’epoca di Abraamo, la promessa fattagli era associata al sacrificio, ma del figlio stesso del patriarca, sostituito all’ultimo momento da un montone. La grazia di Dio sarebbe dunque rimasta a disposizione dell’uomo, sempre collegata al sangue di animali innocenti sacrificati al posto del peccatore.


In seguito, troveremo i discendenti di Abraamo fatti schiavi in Egitto, e chiamati ‘Israele’. Questo è stato il nome che Dio ha designato a Giacobbe, nipote di Abraamo, affinché fosse il patriarca di una nazione alla quale è stata rivelata la Legge. E la dispensazione della Legge comincia ugualmente con il versamento del sangue di animali sacrificati nelle case degli israeliti ancora in Egitto, per proteggerli dal giudizio che sarebbe caduto sui primogeniti di quella terra.


Dio stava mettendo gli uomini alla prova per vedere se fossero capaci di vivere secondo gli standard divini. La verità è che la Legge non è mai stata osservata da nessuno, eccetto Gesù. E la ragione è semplice: chi avesse trasgredito un qualsiasi comandamento, sarebbe stato colpevole dell’intera Legge, essendo che uno di questi semplicemente vietava all’uomo di concupire. Beh, prova a smettere di pensare al peccato e ti ritroverai subito a peccare col pensiero, vero?


Prima della formazione della Chiesa, in nessun tempo un popolo era stato così privilegiato come Israele. E mai prima d’ora l’essere umano aveva affrontato Dio nel modo in cui lo stava facendo proprio questo stesso popolo, condannando a morte il loro Messia. La dispensazione della Legge è continuata fino a quando Gesù non ha pagato per la trasgressione della medesima Legge, tuttavia non per lui, ma per la nazione di Israele. Nel capitolo 11 del Vangelo di Giovanni leggiamo che tutto ciò è stato profetizzato dal sommo sacerdote Caifa:


Conviene per noi che un sol uomo muoia per il popolo e non perisca tutta la nazione.” E Giovanni continua, spiegandoci che “egli non disse questo da se stesso; ma, essendo sommo sacerdote in quell'anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione, e non solo per la nazione, ma anche per raccogliere in uno i figli di Dio dispersi.” (Giovanni 11:50-52).


Adesso, non più con il sangue di animali però di suo proprio Figlio, Dio può occuparsi dell’uomo in pura grazia, appunto nell'attuale dispensazione che porta tale nome: “Or la legge intervenne affinché la trasgressione abbondasse; ma dove il peccato è abbondato, la grazia è sovrabbondata, affinché come il peccato ha regnato nella morte, così anche la grazia regni per la giustizia a vita eterna per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore.” (Romani 5:20-21).


Nei prossimi 3 minuti Gesù resterà preso nel fuoco incrociato.


Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#282 - Una nuova chance - Genesi 7 a 11

Dio ha deciso di dare all’umanità un’altra opportunità, ricominciando quasi da capo mediante Noè, e aprendo così il periodo che potremmo chiamare ‘governo umano’. A Noè è stata data autorità sui suoi simili, incluso il potere di condannare a morte chiunque versasse il sangue del suo prossimo. E questo non è mai stato revocato da Dio.


Quando sono usciti dall’arca, Noè e i suoi figli hanno trovato un mondo differente da prima. L’aspettativa di vita, che entro poche generazioni scenderebbe a centoventi anni, continuerebbe a diminuire, fino a raggiungere mediamente trent’anni. Infatti, è stato soltanto nel XX secolo che la medicina ha invertito la tendenza corrente, ed oggi l’età media si aggira intorno ai settant’anni, circa novecento anni in meno dell’età di Matusalemme, il nonno di Noè.


In questa diversa realtà, Dio ha dato loro l’uso della carne come cibo e, di conseguenza, gli animali hanno cominciato ad avere paura e a fuggire dagli uomini, fatto che anteriormente non accadeva. E ogni cosa andava bene finché Noè, il primo governatore di questi nuovi tempi, “avendo bevuto del vino, si ubriacò” (Genesi 9:21), cadendo in disgrazia. Come sempre succede nelle varie dispensazioni, tutto inizia bene ma finisce male. Infatti, i discendenti di Noè lo confermeranno, basta leggere il capitolo 11 di Genesi.


Già, lì li troviamo pretenziosi, dichiarandosi i padroni del mondo, ed affermando: “Orsù, costruiamoci una città e una torre la cui cima giunga fino al cielo, e facciamoci un nome, per non essere dispersi sulla faccia di tutta la terra. (Genesi 11:4). Tuttavia Dio, parlando alla prima persona del plurale giacché è un’azione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, dichiara:


Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti la medesima lingua; e questo è quanto essi hanno cominciato a fare; ora nulla impedirà loro di condurre a termine ciò che intendono fare. Orsù, scendiamo laggiù e confondiamo la loro lingua, affinché l'uno non comprenda più il parlare dell'altro. (Genesi 11:6-7). E il racconto biblico prosegue:Così l'Eterno li disperse di là sulla faccia di tutta la terra, ed essi cessarono di costruire la città. Perciò a questa fu dato il nome di Babele [che significa ‘confusione’], perché l'Eterno colà confuse la lingua di tutta la terra, e di là l'Eterno li disperse sulla faccia di tutta la terra.” (Genesi 11:8-9).


Insomma, l’uomo aveva fallito nell’era dell’innocenza, della coscienza e pure del governo umano. Quindi, a questo punto, Dio chiamerà qualcuno per uscirne fuori dall’idolatria regnante, la quale devastava il mondo di allora, dandogli una promessa. Abramo, nome che vuol dire ‘padre esaltato’, più tardi sarà chiamato Abraamo, cioè ‘padre di una moltitudine’. Dio gli promette una terra, Canaan, e una posterità, però non senza sacrificio. Prefigurando quello che Dio stesso avrebbe fatto secoli dopo con suo Figlio, ad Abraamo è stato chiesto di sacrificare Isacco, suo figlio, in olocausto a Dio (Genesi 22:2).


Tutto ciò aveva lo scopo di mettere alla prova la fede di Abraamo, nel senso che avrebbe dovuto credere che Dio avrebbe anche riportato in vita suo figlio dai morti. Una volta soddisfatto, Dio interromperà tale sacrificio e gli mostrerà un montone da uccidere al posto di Isacco. Anni più tardi, il sacrificio del Figlio di Dio non sarebbe stato affatto interrotto. L’Agnello di Dio avrebbe dovuto morire davvero.


Nei prossimi 3 minuti Dio darà ancora un’occasione a un popolo testardo e ostinato: Israele.


Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#281 - Viaggio nel tempo - Genesi 5 e 6

La terra prima del diluvio è l’invidia di qualsiasi autore di letteratura fantasy. Era un pianeta completamente diverso. Infatti, non pioveva: “Ma dalla terra saliva un vapore che irrigava tutta la superficie del suolo.” (Genesi 2:6). Le condizioni atmosferiche, la radiazione solare e un minore degrado genetico permettevano alla sua popolazione vegetariana di vivere per quasi mille anni! Sì, vegetariana, giacché la carne sarebbe stata data come cibo soltanto dopo il diluvio.


Alla vigilia del diluvio il numero di persone nel mondo avrebbe potuto essere uguale o maggiore di quello attuale. Basta fare i conti per capirlo. C’era un’unica civiltà, un’unica lingua e un unico continente. L’aspettativa di vita era misurata in centinaia di anni e si trasmettevano verbalmente, e di prima mano, secoli di conoscenza. Il padre e il nonno di Noè erano contemporanei di Adamo, il quale ha raccontato loro cosa era accaduto nell’Eden. Ecco perché non c’era idolatria prima del diluvio. Tutti sapevano che Dio era reale però, nonostante ciò, cercavano di sostituirlo con le capacità umane, come fanno gli umanisti moderni.


Nell’Eden Satana era stato avvertito che un discendente della donna gli avrebbe schiacciato la testa (Genesi 3:15), e allora ha escogitato un piano per corrompere la stirpe umana. Così, i suoi angeli caduti hanno abbandonato il loro stato naturale, assumendo la forma umana e fecondando donne che hanno generato degli esseri ibridi e potenti, conosciuti come “nephilim” o “giganti”. Ora sai da dove provengono le antiche leggende dei titani e dei semidei. Sì, non sono leggende, sono veramente esistiti.


Tra questi abitanti secolari, i quali convivevano con giganti dai poteri visti solo nei libri di fantascienza, Dio era riconosciuto e rispettato da pochi. Anzi, direi pochissimi, se si considera che solamente Noè, sua moglie, figli e nuore, cioè otto anime, hanno creduto nella Parola di Dio sulla distruzione del mondo. Sono stati gli unici a entrare nell’immensa arca piena di animali, la cui porta è stata chiusa dall’esterno da Dio stesso.


Per oltre cent’anni Noè ha annunciato pubblicamente sia il giudizio di Dio che la salvezza per fede (Genesi 6:3). Gesù, in Spirito, predicava attraverso Noè a coloro che più tardi avrebbero avuto il loro spirito in prigione, appunto per aver rifiutato la Parola di Dio (1 Pietro 3:19). Per essere salvati, sarebbe stato sufficiente credere nella sua Parola e rimanere nel luogo stabilito da Dio: l’arca. Tuttavia, questo richiedeva fede, poiché l’arca era stata costruita sulla terraferma e in un’epoca in cui nessuno sapeva ancora cosa fosse la pioggia, figuriamoci un diluvio.


Oggi Dio ci avverte che questo mondo sarà un’altra volta distrutto, ma dal fuoco. E che adesso la salvezza è in una Persona, Gesù, il Figlio di Dio, l’unico sul quale il fuoco del giudizio divino è già caduto. Per essere salvati da un’alluvione, sarebbe necessario galleggiare, vero? Per essere salvati dal fuoco, si dovrebbe restare dove esso ha già bruciato.


Nei prossimi 3 minuti l’uomo troverà altri modi di sfuggire a Dio.


Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#154 - #280 - Liberandosi di Dio - Giovanni 19; Genesi 3 e 4

Ora siamo giunti al più solenne capitolo di questo vangelo e non solo, ma di tutta la storia dell’umanità: la morte di Gesù. Lui aveva precedentemente indicato che, se il chicco di grano fosse appena caduto in terra, non servirebbe a niente, poiché rimarrebbe solo. Tuttavia, se morisse, produrrebbe molto frutto (Giovanni 12:24). Ed è per questo che il Signore deve morire.


Purtroppo, mentre sta per compiere il proposito della sua venuta nel mondo, gli esseri umani stanno per rivelare la loro reale disposizione verso Dio: sbarazzarsi di lui. Ecco ciò che Gesù aveva detto a Pilato, il governatore romano, nel capitolo anteriore: Chi mi ha consegnato nelle tue mani ha maggior colpa. (Giovanni 19:11). Pertanto, possiamo concludere che ci deve essere una scala di colpevolezza a seconda della gravità del male.


E adesso si raggiungerà l’apice di tale classifica del male: l’uomo sta per eliminare Dio, e non soltanto concettualmente parlando, però in maniera pratica, crudele e completa. Almeno era quello che pensavano qui questi individui, cioè di raggiungere simile obiettivo per così perpetuarsi al potere come essendo dio e signore del proprio destino.


Nel corso dei secoli Dio ha agito con modalità diverse nei confronti dell’essere umano: le chiamiamo “dispensazioni”. Nell’Eden ha avuto a che fare con l’uomo in uno stato di innocenza, il quale ha fallito nel volersi liberare di Dio. La parola “peccato” significa vivere indipendente da un elemento regolatore. “Sarete come Dio (Genesi 3:5), aveva promesso il serpente, indicandogli l’autosufficienza. Ed Eva ci ha creduto.


Nello spazio di tempo tra la caduta dell’uomo e il diluvio, Dio si è occupato dell’umanità in uno stato di coscienza. In tale condizione tutti conoscevano il bene e il male, nonostante fossero incapaci di fare il bene e di evitare il male. Basta solamente che tu apra un giornale qualsiasi per vedere che ancora oggi è altrettanto vero. Nell’Eden Adamo ed Eva hanno cercato di escludere Dio per prendere il suo posto. Beh, sappiamo che non ha funzionato, e da allora gli uomini hanno provato di continuo a fare la stessa cosa ma in altri modi.


Non contento di sbarazzarsi della concorrenza divina, l’uomo ha anche voluto scartare la concorrenza umana. Caino, uccidendo suo fratello, è diventato un pioniere in molte cose, assieme ai suoi discendenti. È stato un pioniere nell’uccidere, nel fondare la prima città, e pure nel dare nomi di persone alle creazioni degli uomini. Ad esempio, ha chiamato la sua città “Enoc”, dal nome di suo figlio.


Lamec, discendente di Caino, è stato il pioniere della poligamia e dell’omicidio per legittima difesa; inoltre, i suoi tre figli hanno inventato la zootecnia, la musica e la tecnologia. L’uomo ha così piantato la sua bandiera nel mondo, adornandolo per viverci con comodità, e senza l’intrusione di Dio. Nel frattempo, Adamo ed Eva hanno avuto un altro figlio, di nome Set, da cui è nato Enos, che significa “fragile” o “mortale”. Ed è stato in questo periodo che si è cominciato a invocare il nome del Signore, e dalla cui stirpe è disceso Gesù, il Salvatore del mondo.


Nei prossimi 3 minuti vedremo come era la terra prima del diluvio, sembrando provenire da un racconto fantasy.

Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#279 - Dare le spalle alla Verità - Giovanni 18:28-40

Dopo aver giudicato Gesù, senza però che siano riusciti ad accusarlo di nient’altro che non fosse la verità, i sacerdoti decidono di mandarlo da Pilato, il governatore romano. La scena appare bizzarra perché rappresenta bene come agiscono le persone religiose e zelanti, eppure lontane da Dio. I giudei che accompagnano Gesù non entrano nella residenza di Pilato per non essere contaminati dal male che c’era nelle abitazioni dei non giudei. Del resto, erano nel periodo della Pasqua e volevano continuare a partecipare alle celebrazioni, mantenendosi puliti da qualsiasi impurità.


Beh, sarebbe comico se non fosse tragico: nel medesimo momento in cui compiono i loro obblighi religiosi, consegnano a morte il Figlio di Dio stesso. Questo è un classico esempio di quando la responsabilità morale viene travolta dai riti della tradizione. Mentre evitano di rendersi impuri, non entrando nella casa di un giudice romano e umano, diventano dei sudici colpevoli dell’assassinio del divino Giudice di tutti gli uomini! Quali pareti potrebbero essere più immonde di quelle del loro proprio cuore? Anzi, a dire il vero, sarebbe stato Pilato colui che avrebbe dovuto temere di ricevere tali mostri a casa sua, e non il contrario.


Ma ecco qui un individuo altrettanto empio, che esce dal pretorio verso i giudei per incontrarli all’esterno, giacché non voleva dispiacergli. “Quale accusa portate contro quest'uomo? (Giovanni 18:29), domanda loro. E gli rispondono che Gesù è un criminale e merita di morire, sentenza questa che soltanto l’invasore romano avrebbe potuto pronunciare. In effetti, l’accusa che i giudei hanno contro di lui ha due aspetti. Innanzitutto, quello religioso: deve morire per aver bestemmiato, dichiarandosi il Cristo, il Figlio di Dio, e facendosi così uguale a Dio. Il secondo è l’aspetto civile: Gesù affermava di essere il re dei giudei, e chiunque avesse tali pretese sarebbe visto dall’Impero romano come reazionario e degno di morte.


Già, Pilato si sente chiaramente infastidito dall’obbligo di dover giudicare un uomo in cui non vede alcun crimine, consapevole dell’intrigo dei giudei. Nel dialogo che segue, Gesù dichiarerà che il suo regno non è di questo mondo, dove comunque è disceso “per rendere testimonianza alla verità” (Giovanni 18:37). Tutti coloro che sono per la verità, ascoltano la sua voce. Ed è qua che la sorte di Pilato viene sigillata: lui non è per la verità e non vuole esserlo. Infatti, quando chiede a Gesù: “Che cosa è la verità?” (Giovanni 18:38), non attende la sua risposta. Gli volta le spalle e si rivolge ai giudei, con i quali vuole rimanere in buoni rapporti. Pilato è un politico.


In un ultimo tentativo di liberare Gesù dalla morte, si offre di adempiere l’usanza di rilasciare un condannato per la Pasqua, una specie di indulto governativo. Tuttavia, i giudei non vogliono che Gesù venga condonato. Preferiscono che Pilato conceda la libertà a un bandito, Barabba. E Gesù? Che sia crocifisso! Se hai già sentito la frase “La voce del popolo è la voce di Dio”, sappi che non c’è nella Bibbia. In questa elezione democratica, avvenuta duemila anni fa, la voce del popolo vota per Barabba.


Nei prossimi 3 minuti l’umanità rivelerà quale sia la sua reale intenzione nei confronti di Dio: farlo fuori.


Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#278 - Un prigioniero perfetto - Giovanni 18:17-27

Un grande inganno diffuso addirittura tra i cristiani è che la salvezza possa essere ottenuta dall’imitazione di Cristo. Evidentemente il credente, che ha già avuto i suoi peccati perdonati mediante la fede in Gesù, grazie alla sua morte sulla croce, avrà in lui l’esempio di un uomo perfetto, dovendo senz’altro imitarlo. Questo, però, succederà soltanto dopo essere nato di nuovo ed avere la certezza della sua salvezza.


Paolo, nella sua lettera agli Efesini, li incoraggia ad essere “imitatori di Dio, come figli amati (Efesini 5:1), e poi continua, parlando delle virtù che devono accompagnare la vita cristiana. Ed ecco come esorta i cristiani in 1 Corinzi: “Siate miei imitatori, come anch'io lo sono di Cristo (1 Corinzi 11:1). Sì, l’apostolo li invita a seguire il suo stesso esempio, indicandoci che è salutare prendere a modello coloro che camminano nella fede in Gesù. Ma ciò è solo un complemento alla vita cristiana, e non il mezzo con cui si riceve la salvezza, la quale può essere conseguita unicamente attraverso la fede in Cristo.


Se cerchi di imitarlo per riuscire ad avere la salvezza, dovrai iniziare dall’essere senza peccato, perché il Salvatore è venuto al mondo senza peccato. Il problema è che tu ed io siamo già nati con una natura corrotta, che ci ha resi peccatori fin dal nostro concepimento. Perciò è impossibile che tu diventi puro e senza peccato tramite l’imitazione. Ossia: per quanto un cane voglia somigliare a un gatto, il massimo che potrà fare sarà abbaiare “miao”. Comunque rimarrà sempre un cane nella sua essenza, per natura.


Adesso confronta questo giudizio di Gesù con quello di Paolo in Atti degli Apostoli. Qui il Signore viene schiaffeggiato da una delle guardie del sommo sacerdote, che subito afferma: “Così rispondi al sommo sacerdote?”. Ma Gesù gli replica: “Se ho parlato male, mostra dov'è il male; ma se ho parlato bene, perché mi percuoti? (Giovanni 18:22-23). La sua risposta è perfetta e smonta tutti gli argomenti dei suoi giudici.


Paolo in una situazione simile, però guidato dalla propria carne e non dallo Spirito, reagisce anche lui, dichiarando: “Dio percuoterà te, muro imbiancato. Tu siedi per giudicarmi secondo la legge e, violando la legge, ordini che io sia percosso?” E gli fanno la stessa domanda: “Insulti tu il sommo sacerdote di Dio?”. Tuttavia, nel suo caso, sarà costretto a ritrattarsi: “Non sapevo, fratelli, che egli fosse sommo sacerdote, perché sta scritto: “Tu non dirai male del principe del tuo popolo. (Atti 23:2-5).


Gesù, Dio e uomo perfetto, non ha mai avuto bisogno di ritrattarsi poiché in nessun momento è stato mosso da un’altra natura diversa dalla sua, divina e perfetta. Paolo, anche se nato di nuovo e possedendo la nuova natura e lo Spirito Santo che dimorava in lui, era stato obbligato a scusarsi giacché aveva lasciato che la sua carne prendesse il controllo della situazione. Così siamo noi, nei nostri atteggiamenti e nelle nostre parole, quando paragonati al Signore.


Nei prossimi 3 minuti Gesù viene mandato da Pilato, affinché sia giudicato dal potere civile.


Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#277 - In compagnia degli schernitori - Giovanni 18:17-27

Mentre gli uomini cospirano affinché Gesù sia consegnato a morte, la carne di Pietro cospira contro di lui. Grazie all’intervento di Giovanni, è ammesso nel cortile interno della casa del sommo sacerdote, tuttavia ben presto vi si avvicina ai servi e alle guardie, cioè a quelli che poco prima avevano contribuito ad arrestare Gesù, per scaldarsi attorno al loro stesso fuoco.


Stando lì, Pietro viene subito riconosciuto da una giovane portinaia, che gli dice: “Non sei anche tu dei discepoli di quest'uomo?”. Ed egli lo nega, per paura della donna. Poi tocca a chi sta con lui presso il braciere chiedergli: “Non sei anche tu dei suoi discepoli?”. Ma Pietro lo nega ancora. Infine, viene pure identificato dal parente di colui a cui aveva reciso l’orecchio: “Non ti ho io visto nell'orto con lui?(Giovanni 18:17, 25 e 27). E Pietro di nuovo lo nega, adesso già per la terza volta, e in quel momento il gallo canta.


Il Vangelo di Luca ci dà maggiori dettagli su ciò che è successo dopo il canto del gallo: “E il Signore, voltatosi, guardò Pietro. E Pietro si ricordò della parola che il Signore gli aveva detto: ‘Prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte’. Allora Pietro uscì fuori e pianse amaramente. (Luca 22:61-62). Sì, anche in procinto di morire, Gesù si è preoccupato per il suo discepolo. Lo sapeva dapprima che Pietro avrebbe fallito, per questo aveva già pregato per lui. Ora è con uno sguardo, e non con un rimprovero, che il Signore riesce a turbare il cuore codardo del “coraggioso” apostolo. Colui che si era detto disposto ad affrontare la morte per Gesù, non ha avuto nemmeno il coraggio di esporsi dinanzi alla semplice domanda di una serva.


Se Pietro vivesse oggigiorno, sarebbe un assiduo consumatore di libri di autoaiuto, o frequentatore di detti gruppi, in cui appaiono messaggi quali: “Abbi fiducia in te stesso!”, o “Scopri il potere che c’è in te!”, oppure “Segui il tuo cuore!”. Nonostante queste parole possano sembrare carine ed allettanti, non sono altro che porre la fiducia nella carne. Poc'anzi Gesù aveva fatto capire ai discepoli che, per quanto il loro spirito fosse pronto, “la carne è debole” (Matteo 26:41). Il fidarsi della carne e dei sensi ci lascia vulnerabili al peccato. Già, e Pietro ci risponderebbe: non dirlo a me…


Dovresti sempre diffidare della tua capacità naturale quando è posta al servizio del Signore solo per volontà propria. Geremia ha scritto: “Maledetto l'uomo che confida nell'uomo” (Geremia 17:5), includendo la fiducia in sé stessi. Il temperamento di Pietro poteva essere utile soltanto se controllato dallo Spirito di Dio, come in Atti 4:13, quando Anna e Caiafa testimonieranno la franchezza e il coraggio dell’apostolo mentre annunziava Gesù, anche a rischio di morire per questo.


Nel primo Salmo troviamo: “Beato l'uomo che non cammina nel consiglio degli empi, non si ferma nella via dei peccatori e non si siede in compagnia degli schernitori (Salmo 1:1). Assieme alle inique guardie, alla ricerca di ciò che le riscaldava, Pietro nega Gesù. Ogni volta che cercherai conforto presso gli empi, la tua testimonianza si indebolirà e finirai per essere una negazione di quanto dovresti essere in questo mondo: qualcuno che rende testimonianza per Gesù.


Nei prossimi 3 minuti Gesù viene interrogato.


Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#276 - Temperamenti - Giovanni 18:15-16

Si inizia il processo di Gesù. Due discepoli lo seguono nell’incertezza di quel che accadrà. Uno di loro è Pietro, e forse l’altro sarà Giovanni, l’autore del vangelo. Quest’ultimo era noto al sommo sacerdote, poiché entra nel suo cortile con Gesù, uscendone poi soltanto per andare a prendere Pietro, che non ce l’aveva fatta a entrare.


Ognuno di noi nasce con uno specifico tipo di temperamento che fa parte della nostra identità. Giovanni sembra essere un uomo docile e affabile, che ama e riesce ad essere prontamente amato. Pietro, invece, è impulsivo e diretto. Sono caratteristiche umane che possono essere sotto il controllo dello Spirito oppure dei sensi, a volte chiamati “carne” nella Bibbia (Galati 5:17). Come tu ed io, Pietro e Giovanni erano peccatori per natura, e tutto in essi, incluso il loro temperamento, era stato corrotto dal peccato.


Giovanni, dal carattere mite, è più diplomatico e capace di conquistare amicizie, consentendogli una maggiore libera circolazione, come appunto in casa del sommo sacerdote. Infatti, persone accessibili hanno un più ampio accesso dovunque. Al contrario, Pietro è all’estremo opposto. È un soggetto che s’impazientisce facilmente, utilissimo per comandare un battaglione, per lavorare come caposquadra o per essere il primo a gettarsi nel mare per incontrare il Signore (Giovanni 21:7). Tuttavia, è improbabile che ottenga un lavoro nelle pubbliche relazioni. Pietro e Giovanni sono sempre stati così, e queste particolarità li rendono individui, ciascuno con le proprie generalità. Allora, il problema non è il loro temperamento, però ciò che lo controlla.


Gli esseri umani attraversano diverse fasi - infanzia, adolescenza ed età adulta - senza perdere la propria identità. In qualsiasi periodo ogni persona pensa e agisce in modo differente ma è sempre lo stesso essere umano, e non perderà mai questa sua essenza. Dopo aver creato l’uomo, “Dio vide tutto ciò che aveva fatto, ed ecco, era molto buono.” (Genesi 1:31). Se così non fosse, Gesù non sarebbe venuto in un corpo umano. Eppure, a differenza di Gesù, tutti noi abbiamo una natura peccaminosa che ci incita a peccare. Però sei tu, come un essere responsabile, che pecchi quando ti lasci influenzare da essa, e ne dovrai rendere conto.


Il fatto è che, se non ti sei ancora convertito a Gesù, hai unicamente la carne per gestirti, potendo essere governato solo da essa e dai pensieri, tale quale un burattino di Satana. Colui che è nato da Dio per fede in Gesù, oltre a questa stessa natura vecchia e decaduta ne ha anche un’altra, santa e perfetta che proviene da Dio. Quando lasci la vecchia carne in carica, pecchi. Quando ti lasci condurre dallo Spirito Santo, agisci secondo la volontà di Dio.


Il lasciarsi guidare dai sensi è stato il problema di Eva nell’Eden: “l'albero era buono da mangiare”, “era piacevole agli occhi” e “desiderabile per rendere uno intelligente (Genesi 3:6). C’era l’appello sensoriale al corpo, all’anima e allo spirito, e lei ha ceduto. Quando ci si arrende a quanto è sensoriale, pecchiamo. Nella lettera dell’apostolo Giuda troviamo la caratteristica degli uomini empi: sono “sensuali” (versetto 18 e 19). Come animali irrazionali, sono diretti dai sensi, e non dallo Spirito di Dio (2 Pietro 2:12).


Nei prossimi 3 minuti il temperamento intrepido di Pietro viene messo alla prova.


Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#275 - Il Giudice giudicato - Giovanni 18:12-14

Nonostante Gesù predicasse pubblicamente, le autorità non sono mai riuscite ad arrestarlo. Le occasioni non sono mancate, come in questo stesso vangelo di Giovanni, nei capitoli 8 e 10, quando i giudei cercano di lapidarlo, però senza successo, “perché non era ancora venuta la sua ora” (Giovanni 8:20). La morte di Gesù era nei piani eterni di Dio; quindi, sarebbe potuta avvenire solo quando Dio così lo determinasse.


Ora il Signore si lascia legare dalle guardie, che lo conducono da Anna, il quale anteriormente aveva ricoperto la carica di sommo sacerdote. Anzitutto Gesù dovrà essere giudicato dalle autorità religiose, e soltanto dopo verrà consegnato all’autorità civile. Poiché erano sotto il dominio romano, i giudei non avevano il potere di condannare qualcuno a morte.


Tale dettaglio è interessante perché, secoli prima, era stato profetizzato che il Messia d’Israele sarebbe stato crocifisso secondo l’usanza romana, e non lapidato, che era il tipo di esecuzione imposta dalla legge giudaica. Pertanto, era necessario che la nazione d’Israele fosse nella condizione in cui si trovava qui, soggetta a un invasore gentile, cioè non ebreo, affinché si adempissero le profezie sulla morte del Salvatore.


Ecco cosa leggiamo nel Salmo 22: “Mi hanno forato le mani e i piedi(Salmo 22:16), ossia me le hanno trapassate, attraversate. Ed anche il profeta Zaccaria l’aveva predetto: “Ed essi guarderanno a me, a colui che hanno trafitto (Zaccaria 12:10). In ugual modo Isaia, aggiungendoci il motivo della sua morte: “Ma egli è stato trafitto per le nostre trasgressioni (Isaia 53:5).


Nella sua lettera ai Galati, capitolo 3:13, l’apostolo Paolo fa riferimento alla seguente citazione del capitolo 21 di Deuteronomio: “È maledetto da Dio chi è appeso ad un legno (Deuteronomio 21:23). Come, però, potrebbe Gesù sulla croce essere maledetto da Dio? Giacché proprio lì è stato fatto peccato per noi. Dio non poteva avere alcun legame con il peccato, allora non solo l’ha abbandonato “appiccato al legno”, ma l’ha considerato pure maledetto, gettando su di lui il fuoco del giudizio contro il peccato.


Ciò che Gesù ha sofferto per mano degli uomini non è dissimile dalle torture che molti prigionieri hanno già ricevuto nel corso della storia. Tuttavia, quanto ha subito per mano di Dio è ineguagliabile: è la somma di tutte le paure che atterriscono ogni peccatore che dovrà presentarsi davanti a Dio con i suoi peccati per ricevere il giudizio. In Gesù questo terrore, sofferenza e dolore sono stati moltiplicati dal peccato del mondo e dal peccato di coloro che sarebbero salvati dal Signore, elevati all’ennesima potenza dell’eternità.


I “giudici” Anna, Caiafa e Pilato non avrebbero potuto nemmeno lontanamente immaginare che Gesù stesse per essere giudicato con ancora maggior rigore e severità da Dio stesso. E neanche potevano presumere che quel “reo”, così debole e umile, in futuro tornerà in questo mondo ma come Giudice per giudicarli, e tutti quelli che non avranno i loro peccati pagati da Gesù sulla croce.


Nei prossimi 3 minuti saranno svelati i temperamenti di Pietro e di Giovanni.


Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#274 - Tradimento e valentia - Giovanni 18:2-11

Giuda, il traditore, conosceva il luogo dove Gesù si trovava perciò, “preso un gruppo di soldati e le guardie mandate dai capi dei sacerdoti e dai farisei, venne là con lanterne, torce e armi. (Giovanni 18:3). La luce del mondo era presente tra loro, eppure tali uomini hanno avuto bisogno di lanterne e di torce per trovarla. Gli altri tre vangeli citeranno pure che Giuda dovrà baciare Gesù per così identificarlo alle guardie nella notte oscura.


Il Signore si fa avanti e va loro incontro: è pronto per essere arrestato e condotto alla morte. Prima, però, i soldati avranno una piccola dimostrazione di chi sia colui che intendono imprigionare. “Chi cercate?”, gli chiede Gesù. “Gesù il Nazareno”, gli rispondono (Giovanni 18:4-6).


In seguito, la dichiarazione data da Gesù ci riporterà all’incontro di Mosè con Dio, nel capitolo 3 del libro dell’Esodo. Quando gli ha domandato il suo nome, Mosè ha ascoltato queste parole: “IO SONO COLUI CHE SONO. Poi [Dio] disse: Dirai così ai figli d'Israele: L’IO SONO mi ha mandato da voi. (Esodo 3:14). La stessa espressione - “IO SONO” - esce ora dalla bocca di Gesù, e tanto basterà perché i soldati indietreggino e cadano a terra. Sì, lì c’era il Creatore, il Signore dell’universo, l’IO SONO, e le guardie non potevano sopportare nemmeno una piccola scintilla della sua gloria. Questo è Gesù e Geova.


Prontamente Gesù intercede per i suoi discepoli. Siccome stavano cercando solo lui, gli altri dovevano essere lasciati liberi. Nessuno di loro subirebbe dei danni, neanche Pietro, il quale nella sua impetuosità aveva estratto la spada, recidendo l’orecchio destro del servo del sommo sacerdote. E Gesù lo rimprovera: “Riponi la tua spada nel fodero; non berrò io il calice che il Padre mi ha dato? (Giovanni 18:11). Nel Vangelo di Luca ci è rivelato che il Signore, senza indugio, ha guarito l’orecchio di quel ragazzo.


In Efesini 6 la Parola di Dio è chiamata “la spada dello Spirito”, e in Ebrei 4 “spada a due tagli”; pertanto, la riprensione di Gesù ha perfettamente senso. Non dovremmo mai servirci della spada della Parola di Dio per rendere le persone sorde alla stessa Parola. Ma quando, infatti, tagliamo loro l’orecchio? Nel momento in cui si userà la Bibbia per attaccarle, facendole diventare indurite e contrarie alla verità.


Ti sei mai ritrovato a mitragliare qualcuno di versetti biblici, più per difendere la tua posizione che per il desiderio di esporgli la salvezza in Gesù? Persone insicure utilizzano la Parola di Dio come un modo per marcare territorio. Quando brandiamo la spada della Parola in maniera aggressiva o l’adoperiamo solo per creare in noi un’aura di pietà, in verità stiamo cercando di compensare la nostra propria mancanza di comunione con Dio.


Qui l’audacia di Pietro ha soltanto confermato la sua insicurezza. Ore dopo, appunto, avrebbe rinnegato Gesù. D’altra parte, il pio bacio di Giuda nascondeva il tradimento del figlio del diavolo, ossia quello che lui veramente era. E tu, di solito, come usi la Parola di Dio? Per ferire l’orecchio altrui o per guarire i sordi? Per mostrarti pietoso o per indicare il Salvatore?


Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#273 - Drago in veste d’agnello - Giovanni 18:1

Nell’Antico Testamento Davide è una figura di Gesù, il re tradito e disprezzato che il profeta Isaia descriveva così: “Non aveva figura né bellezza da attirare i nostri sguardi, né apparenza da farcelo desiderare. (Isaia 53:2). A sua volta, Absalom, il figlio di Davide, lodato per la sua bellezza, è una figura dell’Anticristo, l’usurpatore del trono e il rappresentante visibile del principe di questo mondo: Satana.


Tuttavia, quando Gesù tornerà per regnare, non verrà più in qualità di servo “mansueto ed umile” (Matteo 11:29), però come un re potente e implacabile verso i suoi nemici. Coloro che oggi credono in questo Gesù, disprezzato ed esiliato in cielo, ricevono la salvezza. Al contrario, quelli che lo rifiutano, saranno portati a credere nell’Anticristo, colui che Giovanni descrive come la “bestia, che saliva dalla terra, ed aveva due corna simili a quelle di un agnello, ma parlava come un dragone. (Apocalisse 13:11).


Così come aveva fatto Absalom, il cui nome significa “padre della pace”, l’Anticristo verrà travestito d’agnello per nascondere la sua vera natura di drago ereditata da Satana. L’apostolo Giovanni aveva già predetto che molti “anticristi” sarebbero sorti prima dell’ultimo Anticristo, e che alcune loro caratteristiche li avrebbero denunciati. Una tra queste sarebbe il fatto che negano che Gesù sia venuto nella carne, cioè che Dio abbia preso la forma umana; un’altra ancora sarebbe la loro capacità di compiere segni e miracoli.


Se corri dietro ad ogni sorta di manifestazioni e prodigi, devi sapere che saranno appunto tali tipi di persone le vittime dell’Anticristo. Paolo ci rivela che “la venuta di quell'empio avverrà per l'azione di Satana, accompagnata da ogni sorta di portenti, di segni e di prodigi bugiardi, e da ogni inganno di malvagità per quelli che periscono, perché hanno rifiutato di amare la verità per essere salvati.(2 Tessalonicesi 2:9-10).


Quando Dio aveva dato l’ordine al Faraone di liberare gli israeliti dalla schiavitù in Egitto, il sovrano gli si è opposto. E invece di rendere libero il popolo di Dio, l’ha sottoposto a un maggior carico di lavoro. Nei capitoli 7 e 8 del libro dell’Esodo, per ben cinque volte il Faraone ha reso ostinato il proprio cuore. Poi, nel capitolo 9, c’è scritto che “l'Eterno indurì il cuore del Faraone (Esodo 9:12). L’uomo che si rifiuta con tenacia di dare ascolto alla Parola di Dio, arriverà a un punto senza ritorno, quando allora l’indurimento del suo cuore proverrà da Dio.


Sì, sarà ciò che accadrà dopo il rapimento della Chiesa. Per coloro che avevano anteriormente ascoltato il vangelo e sono rimasti indietro, “Dio manderà loro efficacia di errore, perché credano alla menzogna, affinché siano giudicati tutti quelli che non hanno creduto alla verità (2 Tessalonicesi 2:11-12). E quanto tempo manca perché questo avvenga? La Bibbia ci risponde: “Un batter d’occhio” (1 Corinzi 15:52). Pertanto, proprio adesso è l’ora di credere in Gesù (2 Corinzi 6:1-2).


Nei prossimi 3 minuti Giuda, un’altra figura dell’Anticristo, condurrà i soldati da Gesù.


Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#272 – Un padre negligente - Giovanni 18:1

Mille anni prima della scena del capitolo 18 del Vangelo di Giovanni, un altro uomo aveva già intrapreso questa stessa strada che Gesù percorre qui. Il re Davide, dopo che suo figlio Absalom gli aveva usurpato il trono, ha anche lui attraversato il torrente Cedron mentre scappava da Gerusalemme, dato che era stato un padre omissivo. Ora Gesù va oltre il medesimo ruscello, ma poiché era un Figlio sottomesso.

Comunque, chi era Absalom? La storia del terzo figlio di Davide, e la sua tragica fine, la trovi nei capitoli da 13 a 20 di 2 Samuele. Il suo nome significa “padre della pace”, cioè colui che sicuramente il re avrebbe voluto che fosse, giacché Davide adottava un metodo “pacifico” per allevare i propri figli. Absalom era stato trattato dal padre allo stesso modo del fratello Adonia, il quarto figlio di Davide; e di lui si diceva che “suo padre non gli aveva mai fatto un rimprovero in vita sua, dicendogli: «Perché fai così?»” (1 Re 1:6).

Absalom era figlio di una delle mogli pagane di Davide, un’unione contraria alla volontà di Dio. Nel suo piano originale, Dio avrebbe voluto che ogni uomo avesse soltanto una sposa, e che tale donna adorasse il solo vero Dio. Tuttavia, niente di tutto ciò è stato preso sul serio da Davide, che coccolava il più bello dei suoi figli: “Or in tutto Israele non vi era uomo che fosse lodato per la sua bellezza come Absalom; dalla pianta dei piedi alla cima del capo non vi era in lui difetto alcuno.” (2 Samuele 14:25).

Essendo nato da un matrimonio non autorizzato da Dio, cresciuto in mezzo all’idolatria della madre, ammirato grazie al suo aspetto, e avendo ricevuto dal padre un’educazione silente, non è mai stato contraddetto, rimproverato o punito: questo era Absalom. Possiamo persino dire che gli educatori moderni devono molto a Davide, a causa di questo suo approccio educativo con i figli. Tale è la via dell’uomo, contraria alla via di Dio, descrittaci nell’epistola agli Ebrei 12:

“Il Signore corregge chi ama e flagella ogni figlio che gradisce… Ma se rimanete senza correzione, di cui tutti hanno avuta la parte loro, allora siete dei bastardi e non dei figli. Inoltre, ben abbiamo avuto per correttori i nostri padri secondo la carne e li abbiamo rispettati… Egli ci corregge per il nostro bene affinché siamo partecipi della sua santità. Ogni correzione infatti, sul momento, non sembra essere motivo di gioia, ma di tristezza; dopo però rende un pacifico frutto di giustizia a quelli che sono stati esercitati per mezzo suo.” (Ebrei 12:6-11).

Contrariamente all’idea che ogni bambino nasce buono ed è poi corrotto dall’ambiente, la Bibbia ci insegna che veniamo al mondo già peccatori. Ecco cosa ci mostra il libro dei Proverbi: “La follia è legata al cuore del fanciullo, ma la verga della correzione l’allontanerà da lui. La verga e la riprensione danno sapienza, ma il fanciullo lasciato a se stesso fa vergogna a sua madre. Correggi tuo figlio, egli ti darà conforto e procurerà delizie all'anima tua. Non risparmiare la correzione al fanciullo; anche se lo batti con la verga, non morrà; lo batterai con la verga, ma libererai l'anima sua dallo Sceol.” (Proverbi 22:15; 29:15 e 17; 23:13-14). Davide non ha agito così, perciò non gli è rimasto che piangere la perdita del figlio.

Nei prossimi 3 minuti vedremo un drago travestito da agnello.

Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

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