#103 - Due servitori, due aspettative - Matteo 24:42-51

Gesù conclude il capitolo 24 di Matteo esortando i suoi discepoli a vigilare per non essere colti di sorpresa dalla sua venuta. Sebbene l’esortazione si applichi per primo a Israele, serve anche a qualsiasi persona che abbia creduto in Gesù in qualunque epoca. Vigilare significa mantenersi sempre svegli e preparati, consapevoli che qualcosa sta per accadere.

Fino ad oggi, tutti quelli che hanno già ricevuto la responsabilità di curare le cose di Dio, non hanno potuto vivere come meglio gli paresse e senza alcuna aspettativa della ricomparsa del loro Signore. Israele ha già avuto la sua opportunità di dimostrare che non stava aspettando il suo Messia, perché “è venuto in casa sua, e i suoi non l’hanno ricevuto” (Giovanni 1:11). Purtroppo, ora è il turno della cristianità, la quale dimostra la sua indifferenza nei confronti del ritorno, da un momento all’altro, del suo Signore.

Iniziando nel capitolo 24, e proseguendo poi nel capitolo 25, Gesù ci racconta tre parabole: quella dei due servitori, quella delle dieci vergini e quella dei diversi talenti. Fondamentalmente ci parlano della nostra necessità di essere fedeli, vigili e produttivi durante l’assenza del Signore. Ricordati che la fedeltà, la vigilanza e il lavoro sono cose che seguono la salvezza, e non sono mai dei mezzi per raggiungerla. La salvezza si riceve esclusivamente per grazia e non tramite i nostri sforzi. Solo il sangue di Gesù sparso sulla croce può purificarci dai nostri peccati.

Il fulcro delle tre parabole è l’atteggiamento di coloro che professano la fede in Gesù durante la sua assenza. Gesù, in esse, è rappresentato rispettivamente dal signore dei servitori, dallo sposo e dall’uomo che parte per un viaggio, affidando ai suoi servitori i suoi beni affinché li moltiplicassero. In tutte e tre le parabole troverai quelli che sono fedeli e quelli che soltanto professano una fedeltà che in realtà non esiste.

Il fedele servitore della prima parabola vive in attesa del ritorno del suo signore in qualsiasi momento. La sua aspettativa è ricompensata nel versetto 46, dove viene chiamato beato, cioè perfettamente felice. Così sarà al rapimento della Chiesa. D’altra parte, il servo infedele non ha nessun senso di responsabilità, poiché crede che il suo signore tarderà a tornare. Anzi, si sente meglio nella sua assenza che nella sua presenza. Nei versi 50 e 51, che rappresentano la venuta di Cristo per regnare, questo infedele servitore è preso alla sprovvista, come se inaspettatamente un ladro avesse invaso la sua casa per privarlo delle cose a cui più ci tiene.

Come ti senti rispetto a Gesù? Preferisci credere che la cosa migliore sia proprio che lui tardi a venire per goderti la vita un po’ di più? E se tornasse adesso, rovinerebbe i tuoi piani? Dopotutto, ora hai così tanti piani, così tante cose che vuoi ancora realizzare per Dio... chiacchiere, vero? Se consideri il ritorno di Gesù un intralcio, sarà meglio rivedere bene questa tua fede. In questa parabola il servitore che non aspettava il suo signore è stato chiamato ipocrita e alla fine viene condannato. La sua fedeltà non era reale. Nei prossimi 3 minuti troveremo dieci vergini e le loro lampade. 

Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#102 - Angeli che condannano - Matteo 24:34-41

Negli ultimi 3 minuti abbiamo visto che Gesù ha mandato i suoi angeli in una missione di riscatto per ripopolare la terra di Israele con tutte le sue dodici tribù. Adesso, però, gli angeli sono inviati in una missione di giudizio e di condanna.

Ti ricordi della parabola delle zizzanie e del grano nel capitolo 13 di Matteo? Il proprietario del campo ci aveva seminato del grano ma il nemico, cioè il diavolo, è poi venuto e ci ha sparso delle zizzanie. I semi erano cresciuti insieme, tuttavia al tempo della mietitura sono stati mandati degli angeli per legare le zizzanie in fasci e per bruciarle. C’è scritto così:

“Il Figliuol dell’uomo manderà i suoi angeli che raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori d’iniquità, e li getteranno nella fornace del fuoco. Quivi sarà il pianto e lo stridor dei denti.” (Matteo 13:41-43).

Gesù ci avverte che il cielo e la terra passeranno, ma non le sue parole. Così, prima o poi tutto finirà per compiersi esattamente come lui l’aveva predetto. Afferma ancora che nessuno sa quando sarà quel giorno e quell'ora, quindi qualsiasi speculazione in questo senso sarebbe una sciocchezza. Noi possiamo solo capire l’epoca in cui tutto questo avverrà, in base ai segni che Gesù stesso ci ha rivelato. Come abbiamo visto prima, il fico che è già tornato a mettere le foglie è uno di questi segni.

Poi ci ricorderà dei giorni di Noè, quando la gente se ne fregava di quel tizio il quale continuava a dire che una gran tempesta stava per abbattersi sulla terra, inondando tutto quanto. Beh, c’era da aspettarselo perché, innanzitutto, chi avrebbe mai creduto a un uomo che stava costruendo una nave sulla terraferma? In secondo luogo, chi avrebbe mai creduto alla possibilità della pioggia? Sì, nella Bibbia la pioggia non viene menzionata prima del diluvio; in Genesi 2:6 troviamo che “un vapore saliva dalla terra e adacquava tutta la superficie del suolo”. Il discorso di Noè sul diluvio sembrava inverosimile ai suoi contemporanei, così come oggi le cose che Gesù ci dice qui sembrano inverosimili all'uomo moderno. Ecco perché ci vuole fede per credere alla Parola di Dio.

Allora, ricapitoliamo per vedere cosa c’è da aspettarsi. Prima, in un batter d’occhio, parte della popolazione mondiale scomparirà al rapimento della Chiesa, la quale è l’insieme di tutti quelli che sono stati salvati da Gesù. Poi ci saranno sette anni di tribolazione e il ritorno di Gesù per stabilire il suo Regno in questo mondo. Le dieci tribù sparse d’Israele saranno radunate dagli angeli alle altre due nella terra promessa. Gli angeli, in aggiunta, andranno in giro anche a raccogliere le zizzanie per gettarle nello stagno di fuoco, insieme alla bestia e all'anticristo, i quali saranno lanciati lì per primi. Il capitolo 24 di Matteo ci fornisce anche degli altri dettagli su queste azioni compiute dagli angeli durante la raccolta delle zizzanie.

Due persone saranno insieme, l’una sarà presa e l’altra lasciata. Vedi, questo non è il rapimento della Chiesa, perché al rapimento è il Signore stesso che radunerà i credenti, e non gli angeli. Inoltre, il paragone qui è con il diluvio, quando gli increduli sono stati portati via dalle acque del giudizio di Dio, mentre Noè e la sua famiglia erano in salvo nell'arca. Così, Gesù ci sta parlando degli increduli che sono portati via dagli angeli allo stagno di fuoco e non in cielo. Nei prossimi 3 minuti conosceremo due servitori, l’uno fedele, l’altro no. 
 
Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#101 - Angeli che radunano - Matteo 24:31-34

Al suo ritorno, Gesù invierà i suoi angeli in due diverse missioni. La prima sarà “radunare i suoi eletti dai quattro venti, dall’un capo all’altro dei cieli” (Matteo 24:31), portandoli poi alla terra di Israele, in un’operazione di riscatto senza precedenti. Chi sono questi eletti? Da altri passaggi della Bibbia sappiamo che la Chiesa è il popolo che Dio ha eletto prima della fondazione del mondo, e che Israele è il popolo eletto fin dalla fondazione del mondo. Poiché a questo punto la Chiesa non sarà più sulla terra, essendo stata rapita prima dei sette anni di tribolazione, qui gli eletti sono soltanto gli israeliti.

Circa settecento anni prima di Cristo, dieci tribù di Israele sono state portate in esilio, disperdendosi tra le nazioni e perdendo la loro identità. Dopo la morte di Gesù, anche le tribù di Giuda e di Beniamino, che erano rimaste nella terra di Israele, sono poi finite in esilio per duemila anni, ossia fino alla fondazione dello Stato di Israele nel 1948. Gli angeli che Gesù invia in questo capitolo riscatteranno e porteranno in Israele i discendenti delle dieci tribù disperse, che oggigiorno nessuno sa chi siano e dove siano, oltre ai giudei di Giuda e di Beniamino che non saranno ancora tornati in Israele.

Prima di chiedermi come troveranno posto in Israele così tante persone, ricordati che la popolazione mondiale sarà diminuita durante le catastrofi dei sette anni di tribolazione. Inoltre, la terra di Israele, da quel momento in poi, non sarà più limitata al territorio occupato ora dall’attuale Stato di Israele. Infatti, la terra promessa includerebbe anche la striscia di Gaza, la Cisgiordania, il Libano e parte della Siria. L’attuale occupazione è stata fatta da giudei ancora ribelli, che sono i discendenti di quelli che duemila anni fa hanno condannato a morte il Messia.

Gesù li avverte che un preannuncio della sua seconda venuta sarà quando i rami del fico si faranno teneri e metteranno le foglie. Oggi Israele è così, avente solo foglie e senza frutti per Dio, come il fico del capitolo 21 di Matteo che Gesù ha fatto seccare. Se proprio adesso aprirai un giornale o guarderai il telegiornale, c’è da scommetterci che ci sarà qualche notizia su questo fico. Questo è un segno della prossimità del ritorno di Cristo qui descritto. Se il rapimento della Chiesa avvenisse oggi, il conto alla rovescia sarebbe di circa sette anni. Per chiunque abbia già ascoltato il vangelo della grazia di Dio, l’unica possibilità di salvezza sarà credere in Gesù prima che avvenga questo rapimento. Dopo di ciò, ci sarà salvezza soltanto per chi non è stato mai evangelizzato o per chi non fosse stato abbastanza grande per capire il vangelo. Sai che sto parlando con te, vero?

Gesù gli dice “che questa generazione non passerà prima che tutte queste cose”, descritte in questo capitolo, “siano avvenute” (Matteo 24:34). Quale generazione? Non potrebbe essere la generazione ai tempi di Gesù, perché quella è già morta. Ci rimane la generazione di quelli che ora vedono il fico mettere le foglie: la mia e la tua generazione. In Apocalisse Gesù promette di preservare la sua Chiesa dalla tribolazione che sta per venire su tutto il mondo. Credo che non ci sia più bisogno di ripetere che la Chiesa non è un’organizzazione religiosa, però l’insieme di tutti quelli che credono in Gesù, vero? Bene, allora l’avviso d’imbarco è già stato dato. Sulla carta d’imbarco c’è scritto pressappoco così: “Io credo nel Signor Gesù come il mio Salvatore.” L’hai già questa carta? Nei prossimi 3 minuti gli angeli partiranno per un’altra missione, una missione terribile.

Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#100 - La seconda venuta di Cristo - Matteo 24:27-30

La seconda venuta di Cristo sarà visibile in tutto il mondo, contrariamente al rapimento segreto della Chiesa, cioè di quelli che hanno creduto in Gesù e che dovrà occorrere circa sette anni prima. “Perché, come il lampo esce da levante e si vede fino a ponente, così sarà la venuta del Figliuol dell’uomo.” (Matteo 24:27).

Quando Gesù è venuto per la prima volta, come un umile essere umano, è stato respinto e consegnato a morte. La sua seconda venuta non sarà così. Non verrà più in forma di servo, annichilendo se stesso (Filippesi 2:7), ma si presenterà in gloria e in maestà. Quando Gesù è morto sulla croce “si fecero tenebre per tutta la terra” (Matteo 27:45), ed essa ha tremato. Quando lui tornerà “il sole si oscurerà” un'altra volta (Matteo 24:29), e l’intero firmamento sarà scosso. Matteo ci parla delle “stelle che cadranno dal cielo” e del “segno del Figliuol dell’uomo” essendo visto nel cielo da chiunque.

Allora tutti capiranno in un attimo, sì, tutte le nazioni del mondo si lamenteranno quando vedranno venire il Figlio dell’Uomo sulle nuvole del cielo con gran potenza e gloria. Il profeta Zaccaria ci rivela i sentimenti di Gesù in quell’occasione: “Essi riguarderanno a me, a colui ch’essi hanno trafitto” (Zaccaria 12:10).

Riesci a immaginare come sarà veder tornare colui che gli uomini credevano d’essersi sbarazzati sulla croce? Sarà lo stesso Gesù che il popolo aveva scelto di far morire al posto di Barabba, un ladro e assassino, senza poter immaginare che lui lì stava veramente morendo al posto dei peccatori. Sarà lo stesso Gesù in nome del quale sono state realizzate crociate e guerre sanguinose. Sarà lo stesso Gesù in nome del quale sono stati uccisi milioni di veri cristiani. Infine, sarà lo stesso Gesù il cui nome è ora sfruttato dai “mercanti di anime”.

Sì, certamente, in quel momento nessuno avrà più alcun dubbio. Il disprezzato falegname emergerà come il Re dei re e il Signore dei signori. Il condannato afflitto, il cui volto era stato preso a pugni e sputato dai suoi carnefici, stavolta scenderà dai cieli col viso splendente come il sole. L’umile Agnello verrà come un Leone, e non più montato su di un asinello ma farà delle nuvole il suo carro.

La seconda venuta di Gesù sarà degna di colui “il quale è l’immagine dell’invisibile Iddio, il primogenito d’ogni creatura; poiché in lui sono state create tutte le cose, che sono nei cieli e sulla terra; le visibili e le invisibili”, uomini e angeli. “Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui”, dall’atomo all’universo con le sue innumerevoli galassie. “Ed egli è avanti ogni cosa, e tutte le cose sussistono in lui” (Colossesi 1:15-17). È Gesù che sostiene “tutte le cose con la Parola della sua potenza” (Ebrei 1:3), inclusi tu ed io.

Se non hai ancora creduto in Gesù, adesso è arrivata l’ora. Perché coloro che non crederanno in lui prima che avvenga il rapimento segreto della Chiesa, trascorreranno poi i sette anni di tribolazione credendo piamente nell’Anticristo, e vedranno Gesù venire dal cielo non più come Salvatore, ma come Giudice. Oggi la salvezza è offerta gratuitamente. E dopo? Sarà meglio non correre questo rischio, vero? Nei prossimi 3 minuti gli angeli partiranno per una missione di riscatto.

Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#099 - La grande tribolazione - Matteo 24:15-26

Il discorso di Gesù continua a rilevare il carattere giudaico di Matteo 24. Nel versetto 15 siamo di fronte alla profanazione del Tempio di Gerusalemme, descritta dal profeta Daniele. Quando i giudei fedeli vedranno, in quel tempo ancora futuro, il sacrilegio commesso nel luogo santo, sapranno che l’ora sarà giunta. Affinché questo avvenga, però, il Tempio dovrà esistere di nuovo, quindi prima dovrà essere ricostruito. La frase “chi legge pongavi mente” (Matteo 24:15) avrà un gran significato per i giudei fedeli che leggeranno il profeta Daniele e capiranno che l’ora sarà giunta.

Questo capitolo continua a mostrarci che tutto qui è rivolto ai giudei. Oltre al riferimento al Tempio, che viene distrutto e riappare profanato nel versetto 15, Gesù gli parla dei falsi profeti, perché sono stati loro che hanno portato la Parola di Dio a Israele. Gli avvertimenti degli apostoli alla Chiesa sono contro i falsi maestri. Qui Gesù discorre anche sui falsi cristi che faranno dei grandi miracoli, e ricordati che “Cristo” significa “Messia”. Ci sono sempre state in giro delle persone che sostengono di essere Gesù, volendo così confondere i cristiani, ma quante ne trovi che affermano di essere il Cristo, il Messia di Israele, cercando di ingannare i giudei?

Le persone, a cui è indirizzata questa profezia, si trovano in Giudea, e sono esortate a fuggire sui monti ed a pregare che la fuga non avvenga di sabato, che è il giorno in cui i giudei non possono viaggiare, o d’inverno, che ovviamente comprende un solo emisfero. Gesù sta parlando di una tribolazione che non c’è mai stata fin dall’inizio del mondo, perciò non potrebbe essere associata a qualsiasi persecuzione, olocausto o guerra della storia, perché precederà il ritorno di Cristo, che non è ancora avvenuto.

Il capitolo 2 della seconda lettera ai Tessalonicesi afferma che in quel momento sarà manifestato l’Anticristo, il maestro dei miracoli, che si siederà nel Tempio di Gerusalemme proclamando di essere Dio. Ci dice anche che Dio farà sì che tutti quelli che avevano già ascoltato il vangelo ed erano stati lasciati indietro al rapimento della Chiesa, credano alla menzogna e seguano l’Anticristo. Così, se tu hai già ascoltato il vangelo della grazia e non hai ancora preso una decisione, il momento è adesso. Dopo, solo chi non è mai stato evangelizzato prima, potrà essere salvato.

L’Anticristo si rivelerà solo dopo che colui che lo trattiene, cioè lo Spirito Santo, sarà tolto dalla terra. Nel capitolo 2 di Atti degli Apostoli lo Spirito Santo è sceso sulla terra ed è venuto ad abitare individualmente in ogni persona che crede in Gesù, e collettivamente nella Chiesa. Quando i credenti in Gesù saranno tolti dalla terra al rapimento, lo Spirito Santo, che è il pegno o la garanzia della loro salvezza, sarà portato via con loro. Chi verrà evangelizzato dopo il rapimento della Chiesa, e crederà in Gesù, avrà lo Spirito Santo su di sé, come ai tempi dell’Antico Testamento, ma non lo avrà abitando in sé, come succede oggi.

Se credi veramente in Gesù, hai lo Spirito Santo, perché la Bibbia ci dice che “se uno non ha lo Spirito di Cristo, egli non è di lui” (Romani 8:9). E tu, sei di Gesù? Nei prossimi 3 minuti il firmamento sarà scosso dall’impressionante ritorno di Cristo.
Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#098 - La tribolazione - Matteo 24:4-14

Nel capitolo 24 di Matteo Gesù spiega ai giudei fedeli come saranno i sette anni di tribolazione che precederanno la sua venuta per regnare in questo mondo. Il “principio di dolori”, cioè la prima metà dei sette anni, sarà caratterizzato da molti che affermeranno di essere il Cristo, il Messia atteso, ingannando così molte persone. Gesù parla di guerre, di carestie e di terremoti come essendo le caratteristiche di questo periodo.

Guerre, carestie e catastrofi naturali si sono sempre verificate sulla terra, ma qui Gesù descrive queste cose a un livello mai visto prima. Poi gli parla dei suoi discepoli, i quali saranno perseguitati, uccisi e odiati da tutti. Sebbene sappiamo che questo succede anche nella storia della Chiesa, qua lui si riferisce a ciò che accadrà a quelli che si convertiranno durante i sette anni di tribolazione che devono ancora venire, principalmente fra i giudei.

In seguito appare una frase spesso mal interpretata da molti cristiani: “Ma chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvato.” (Matteo 24:13). Considerandosi che Gesù si sta rivolgendo ai giudei, e nel contesto del giudaismo, poniti la seguente domanda: Cosa intenderebbe un discepolo giudeo per “essere salvato”? Sicuramente non quello che intendiamo noi cristiani, vivendo oggi nel contesto religioso e culturale del cristianesimo, la cui speranza è celeste. La speranza del giudeo nell’Antico Testamento era terrena.

L’idea di andare in cielo era estranea a un giudeo. Le sue speranze erano l’instaurazione del Regno del Messia su questa terra, la liberazione dai suoi nemici e la sua prosperità materiale. Di fronte allo scenario che Gesù stava descrivendo, l’essere salvato, per un giudeo, significava uscirne vivo da quella situazione e poter partecipare al Regno. Pertanto, lui sta parlando di una salvezza del corpo, di qualcuno che è sfuggito alla morte fisica. La perseveranza qui significa essere sani e salvi all’arrivo del Re Gesù e del suo Regno. Però, prima che ciò accada, Gesù avverte che il vangelo del Regno dovrà essere predicato in tutto il mondo.

Il “vangelo del Regno” (Matteo 24:14) non è quello che è predicato oggi; era quello che Giovanni Battista predicava, e sarà predicato di nuovo dopo il rapimento della Chiesa. Giovanni Battista annunciava che il Messia e Re era già arrivato, dicendo loro qualcosa del tipo “Ravvedetevi, poiché il Regno dei cieli è vicino.” (Matteo 3:2). Se i giudei non avessero rigettato il loro Messia la prima volta, il Regno sarebbe stato stabilito in questo mondo. Oggi capiamo che questo rifiuto è stato usato da Dio per formare la Chiesa, un popolo con privilegi ancor più grandi di quelli dati a Israele.

Il vangelo che è predicato oggi, durante il periodo della Chiesa, è diverso dal vangelo del Regno. Il cristiano non sta aspettando un Re. Anzi, non troverai da nessuna parte nelle lettere degli apostoli che Gesù sia il Re dei cristiani. Ai giudei, però, è stato promesso che regnerebbero sulla terra con Gesù, il Re atteso da Israele. Il vangelo predicato oggi è il vangelo della grazia di Dio, e non ha ancora raggiunto il mondo intero, come succederà al vangelo del Regno. Il messaggio non è più “Ravvedetevi, poiché il Regno dei cieli è vicino”, ma “Credi nel Signor Gesù e sarai salvato” (Atti 16:31). Hai già creduto in lui? Penso proprio che dovresti credergli per non essere lasciato indietro. Nei prossimi 3 minuti vedremo quanto c’è di giudaico nelle profezie del nostro capitolo. 

Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#097 - La parentesi profetica - I Tessalonicesi 4:15-18

Negli ultimi 3 minuti ho parlato di una parentesi che dura da più di duemila anni, ossia il periodo della Chiesa, la quale è l’insieme di tutti coloro che credono in Gesù. La Chiesa non appare nel capitolo 24 di Matteo, che tratta di Israele e del mondo in generale, e particolarmente del rimanente dei giudei che ancora in futuro crederanno in Gesù. Questa parentesi è stata aperta con la formazione della Chiesa nel secondo capitolo di Atti degli Apostoli, quando Dio ha smesso di trattare con Israele e ha cominciato a trattare con tutti coloro che si convertono a Gesù, siano essi giudei o gentili. Questa è la Chiesa o il Corpo di Cristo.

E questa stessa parentesi sarà chiusa con un evento noto come il rapimento della Chiesa, descritto in I Tessalonicesi 4. Lì Paolo ci dice “che noi viventi, i quali saremo rimasti fino alla venuta del Signore, non precederemo quelli che si sono addormentati” (I Tessalonicesi 4:15), cioè coloro che sono morti nella fede. L’apostolo s’include tra quelli che sarebbero rimasti vivi fino a quest’avvento del Signore, poiché per quest’avvenimento non c’è una data precisa. Potrebbe essere accaduto tanto ai giorni dell’apostolo quanto può accadere proprio oggi o tra cent’anni. Ci sono indicazioni, però, che non ci vorranno ancora altri cent’anni.

Sebbene le profezie bibliche riguardino Israele, e non la Chiesa, da quello che ha scritto il profeta Daniele e da altri passaggi sappiamo che la venuta di Gesù per stabilire il suo regno dovrebbe aver luogo sette anni dopo la sua morte. Poiché il periodo della Chiesa è una parentesi, essendo un’inserzione iniziata dopo la morte di Gesù, questi sette anni sono una sorta di “animazione sospesa”. Lo scatto per far ripartire l’orologio profetico è il rapimento della Chiesa.

Ora immagina di metterti in viaggio per visitare un amico che vive in Italia ma a sette chilometri dalla frontiera con la Francia. Sulla strada non ci saranno dei cartelli per indicarti quanto manca ad arrivare a casa sua, però esisteranno delle segnalazioni mostrandoti quanto dista il confine da raggiungere. Il capitolo 24 di Matteo ed altre profezie sarebbero questi cartelli, ossia i segni che ti indicano quanto manca al confine, perché Cristo ritorni in gloria. Sette anni prima avrà luogo questo rapimento.

Questi versetti della prima epistola ai Tessalonicesi ci rivelano che il Signor Gesù, al momento del rapimento della Chiesa, scenderà dal cielo, ma senza mettere piede sulla terra; diversamente, però, accadrà sette anni dopo, quando verrà per regnarci. Al rapimento lui comparirà soltanto sulle nuvole, e quelli che sono morti nella fede risusciteranno per primi. Poi, i viventi che credono in Gesù avranno i loro corpi trasformati e saranno rapiti per incontrare il Signore nell’aria. Niente di tutto ciò sarà visto dagli increduli, così com’è successo con Gesù quando è apparso a più di cinquecento discepoli dopo esser risuscitato, non presentandosi a nessun incredulo.

Al rapimento rimarranno indietro due classi di persone: chi ha già ascoltato il vangelo e non ha creduto in Gesù, inclusi quelli che credono solo a parole, e coloro che non sono mai stati evangelizzati. I primi non avranno mai più un’altra opportunità, anche se molti tra questi continueranno a frequentare i loro templi e le loro funzioni religiose. Tra le persone del secondo gruppo, cioè fra quelle che non sono mai state evangelizzate, molte si convertiranno a Gesù, guidate da un rimanente di giudei convertiti e fedeli. Ed è a loro che Gesù rivolge il suo discorso nel capitolo 24 di Matteo, al quale torneremo nei prossimi 3 minuti.

Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#096 - La profezia - Matteo 24:1-3

I capitoli 24 e 25 del Vangelo di Matteo sono profetici. Ciò significa che non avranno molto senso per te, se prima non avrai creduto in Gesù come il tuo Salvatore. La profezia biblica non è stata data per soddisfare la curiosità umana e, sebbene ci parli degli eventi in questo mondo, il suo tema principale è Gesù. In Apocalisse 19:10 c’è scritto: “La testimonianza di Gesù è lo spirito della profezia.”.

Matteo 24 inizia con Gesù che esce dal Tempio di Gerusalemme per l’ultima volta. Non avrebbe mai più messo piede lì. Mentre i discepoli cercano di attirare la sua attenzione sulla bellezza della sua costruzione, Gesù mette in chiaro le cose, dicendogli: “Non sarà lasciata qui pietra sopra pietra che non sia diroccata.” (Matteo 24:2). Per capire meglio questo capitolo è necessario tener presente che Gesù sta parlando ai suoi discepoli che sono giudei, che vivono sotto la Legge data tramite Mosè e che stanno ragionando all’interno del contesto culturale e religioso di Israele, non della Chiesa, la quale verrebbe a esistere solo più tardi.

Perciò, quando vogliono sapere, in Matteo 24:3, “quando avverranno queste cose”, si riferiscono alla distruzione del Tempio, e quando gli chiedono “quale sarà il segno della tua venuta”, stanno parlando dell’avvento di Gesù come il Messia, per stabilire il suo regno in Israele. E la domanda sulla “fine dell’età presente” non riguarda la “fine del mondo”, ma la fine di un’era, la fine di quello stato di cose che precedevano l’instaurazione del regno.

Storicamente la Chiesa è una sorta di parentesi profetica che si è aperta con il momentaneo rifiuto di Israele e, per questo, la profezia biblica deve essere vista come una linea continua del tempo che subisce un’interruzione, la quale già dura da duemila anni, per poi essere ripresa 7 anni prima della venuta di Gesù per regnare su Israele. Questo capitolo ci parla di questi 7 anni e i discepoli qui, essendo giudei, sono trattati come se loro stessi partecipassero a questo periodo che, per noi, è ancora futuro.

Nel capitolo 9 del libro del profeta Daniele impariamo che, dopo la morte del Messia, ci sarebbe stato un periodo di 7 anni, nel mezzo del quale l’anticristo avrebbe agito. La prima metà di questi 7 anni, chiamata Tribolazione, è presentata in questo capitolo come il “principio di dolori” (Matteo 24:8). La seconda metà, chiamata Gran Tribolazione, è un periodo di sofferenze mai visto prima.

Gesù non risponde direttamente alla prima domanda, quella su quando il Tempio sarebbe stato distrutto, ma sappiamo che nell’anno 70 l’esercito romano ha incendiato il Tempio, che era costruito di pietre e ricoperto di legno e oro lamellare. Con il calore intenso del fuoco l’oro si è sciolto, colando giù e riempiendo le fessure tra le pietre dei muri, e non lasciando altra scelta agli invasori se non quella di smantellare il Tempio, pietra dopo pietra, per poter raschiare tutto l’oro. Questa profezia si è già adempiuta, e non è stata lasciata pietra sopra pietra.

Ora punta il tuo telescopio verso un tempo ancora futuro, quando i giudei torneranno al palcoscenico dell’attenzione di Dio e l’orologio profetico ricomincerà a battere dopo l’intervallo che è il tempo attuale della Chiesa, la quale non è trattata direttamente nella profezia. È di questo che parlerò nei prossimi 3 minuti.
Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#095 - Riverenze - Matteo 23:6-12

Nel capitolo 23 di Matteo Gesù continua a parlare dei religiosi che volevano apparire più spirituali dei comuni cittadini. Abiti, lauree e titoli possono servire molto bene per contraddistinguere le persone in qualsiasi istituzione umana, ma non nelle cose di Dio. Nella Chiesa, che è l’insieme di tutti i salvati per la fede in Gesù, solo lui dovrebbe distinguersi. In questo capitolo ci insegna che nessuno dovrebbe essere chiamato con un titolo distintivo che lo differenzi dai suoi fratelli.

I suoi discepoli non dovrebbero chiamarsi l’un l’altro “rabbi” o “rabbino”, che in ebraico significa “maestro” o “grande”, perché erano tutti uguali e avevano un solo maestro: Gesù. Nessuno dovrebbe essere chiamato “padre” o “prete”, nel senso di qualcuno spiritualmente superiore. C’è un solo Padre, colui che è nei cieli.

Nella società onoriamo le persone che hanno raggiunto qualche importante posizione grazie al loro sforzo e al loro merito. Dottore, Maestro, Eccellenza, Onorevole, Illustrissimo, ecc. sono titoli che concedono diversi gradi di riverenza alle varie mansioni e professioni di rilievo. In una società ciò è corretto, ma nelle cose di Dio non lo è.

Anche se capiamo che nelle cose di Dio riceviamo la salvezza e i doni per grazia e non per sforzo, cosa vediamo, purtroppo, in giro oggi? Uomini che ricevono titoli e riverenze come se fossero superiori ai loro fratelli. Forse sarai uno di loro e non ci hai mai pensato, ma cerca di paragonare tutto ciò che vedi a quello che Gesù ci insegna qui. Sarà proprio vero che ti andrebbe bene di essere chiamato “Dottore in Divinità” dopo aver letto questo intero capitolo? Ma dai, hai ancora il coraggio di dire che sei così esperto nelle cose di Dio da essere chiamato dottore?

E che ne dici di essere chiamato “Sommo Pontefice” che significa “Capo Supremo”, oppure “Eminenza” che il vocabolario definisce come essendo qualcuno che abbia superiorità morale e intellettuale? Ti consideri degno di essere riverito fino al punto di adottare il titolo di “Reverendo”? Gesù afferma che “il maggiore fra voi sia vostro servitore.” (Matteo 23:11). Hai mai visto qualche servo farsi chiamare “Vostra Eminenza” o “Reverendo”?

Gesù poi continua, insegnando che “chiunque s’innalzerà sarà abbassato, e chiunque si abbasserà sarà innalzato.” (Matteo 23:12). E prosegue descrivendo ciò che Dio pensa dei religiosi che esaltano se stessi, che amano le lusinghe e gli omaggi pubblici. I titoli che Gesù gli conferisce sono tutt’altro che nobili. Li chiama ipocriti, sepolcri imbiancati, stolti e guide cieche, tra altre cose. Quando vedi come Gesù trattava le persone nei Vangeli, puoi subito concludere che per lui le scorie della società non erano le prostitute, i ladri e gli assassini.

Nei prossimi 3 minuti Gesù ci rivelerà un futuro buio per Israele.
Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#094 - Moda ecclesiastica - Matteo 23:4-5

Negli ultimi 3 minuti abbiamo visto che nemmeno Pietro ha potuto fare a meno di agire con ipocrisia, una caratteristica distintiva anche tra i leader religiosi di Israele. Dicevano una cosa e ne facevano un’altra. Ora Gesù ce lo descriverà in dettaglio, e crederai persino che starà parlando di ciò che vediamo oggi nella cristianità.

Gesù accusa i giudei religiosi di legare dei fardelli pesanti e di metterli sulle spalle della gente, quando loro stessi non li volevano muovere neppure col dito. E inoltre li accusa anche di fare di tutto solo per essere visti dagli uomini, totalmente diverso dall’esempio dato da Giovanni Battista, che ha detto rispetto a Gesù: “Bisogna che egli cresca, e che io diminuisca.” (Giovanni 3:30).

I religiosi cercavano anche di vestirsi in modo da essere riconosciuti come essendo diversi dal resto del popolo. In questo capitolo Gesù non sta criticando gli abiti che i sacerdoti erano obbligati a indossare, ma sta accusando il clero di esagerare nel loro look, quando allargavano i loro filatteri e allungavano le frange dei loro mantelli.

I filatteri erano delle strisce di stoffa legate alla fronte e al braccio, su cui c’erano scritti dei passaggi delle Scritture. In alcuni casi c’erano anche delle scatolette di cuoio che contenevano alcuni fogli di pergamena. Quando Dio ha ordinato che la sua Parola fosse messa sulla fronte e sul braccio, voleva soltanto indicare che essa dovrebbe dirigere i loro pensieri e le loro azioni. Le istruzioni su come vestirsi, fornite dall’Antico Testamento, non dovrebbero mai essere usate come pretesto per mettersi in mostra, perché questo sarebbe come dire: “Ehi, ragazzi, guardate come sono obbediente!”.

Oggi non esiste un abbigliamento specifico per il cristiano, ma esiste il buonsenso. Potrei andare in giro con una gonna a scacchi in Scozia, o con una lunga tunica in Egitto, e non farmi notare. Se invece lo facessi in Italia, provocherei un certo turbamento; e lo stesso succederebbe anche se io andassi in spiaggia in pigiama, ad esempio.

Perciò, dovresti capire una cosa: essere un cristiano non è vestirsi in questo o in quel modo. Se te ne andrai in giro tutto fiero, credendo che il tuo modo di vestire ti renda superiore, più santo e più spirituale, e se poi guarderai le altre persone che non si vestono come te come se fossero persone di secondo ordine, devi sapere che non sei da solo. Anche i farisei sentivano lo stesso.

Beh, se ora credi di essere un leader religioso e ti piace indossare l’ultima moda ecclesiastica, seguendo il figurino specificato dalla tua denominazione religiosa, o perfino inventandoti qualche altro bel tipo solo per apparire ancor più spirituale dei laici, ho delle brutte notizie per te: sei fuori moda, e per più di una o due stagioni. Sarebbero ormai passate circa ottomila stagioni, perché l’abbigliamento clericale è giù di moda così come il clero, già da molto tempo, da duemila anni. Nei prossimi 3 minuti ci sarà ancor di più: Gesù ci parlerà dei titoli e dei trattamenti d’onore. 

Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#093 - L’ipocrisia di Pietro - Galati 2:11-14

Lasciamo stare per 3 minuti il Vangelo di Matteo per dare un’occhiata alla lettera dell’apostolo Paolo ai Galati, che erano i cristiani che vivevano in Galazia. In essa Paolo ci parla di un incontro che ha avuto con l’apostolo Pietro, raccontandoci così:

“Ma quando Cefa fu venuto ad Antiochia, io gli resistei in faccia perché egli era da condannare. Difatti, prima che fossero venuti certuni provenienti da Giacomo, egli mangiava coi gentili [i cristiani non giudei]; ma quando costoro furono arrivati, egli prese a ritrarsi e a separarsi per timor di quelli della circoncisione” (Galati 2:11-12), cioè i giudei convertiti a Cristo, che ancora credevano di dover obbedire alla Legge dell’Antico Testamento.

E poi Paolo continua: “E gli altri giudei si misero a simulare anch’essi con lui; talché perfino Barnaba fu trascinato dalla loro simulazione. Ma quando vidi che non procedevano con dirittura rispetto alla verità del Vangelo, io dissi a Cefa in presenza di tutti: Se tu, che sei giudeo, vivi alla gentile e non alla giudaica, come mai costringi i gentili a giudaizzare?” (Galati 2:13-14).

Hai appena potuto notare che lì c’era una differenza di opinioni. I giudei che si convertivano a Gesù volevano continuare a seguire i comandamenti dell’Antico Testamento, a osservare il sabato, a dare la decima, a circoncidere i loro figli, ecc. Tutto questo era stato ordinato a Israele, ma ora erano Chiesa. L’Epistola ai Galati è una lettera dura, perché i propri cristiani della Galazia erano caduti in questo inganno di credere che la salvezza venisse attraverso l’obbedienza ai comandamenti.

Qui Paolo racconta come ha particolarmente rimproverato l’apostolo Pietro per voler agire con ipocrisia. Pietro conosceva la verità e capiva questa differenza tra Israele e la Chiesa, ma per paura di dispiacere ai giudei convertiti, che insistevano nel mantenere il vecchio ordine di cose, lui si allontanava dai suoi fratelli gentili quando i suoi fratelli giudei si avvicinavano. E per di più voleva costringere i gentili a vivere come giudei, quando lui stesso, Pietro, non viveva più così.

Pietro era un uomo come tutti noi; non c’era nulla d’infallibile in lui ed era soggetto alle stesse debolezze e ipocrisie a cui tu ed io siamo soggetti. Hai mai cercato di mostrarti come qualcuno che non sei soltanto per impressionare? Anch’io, e pure Pietro. Hai mai detto a qualcuno di vivere in un certo modo quando tu stesso non vivi così? Anch’io, e pure Pietro. Quindi, se dovrai guardare qualcuno come il tuo esempio da seguire, guarda Gesù. Non ha mai commesso un fallo. Non è mai stato un ipocrita. Lui non ti deluderà mai.

Io, tu e ogni essere umano, che sia già passato o stia passando adesso su questo pianeta, siamo tutti imperfetti, ed è per questo che non c’è salvezza in nessun altro tranne che nel Figlio di Dio. Dio non ha trovato nemmeno uno che potesse morire per i peccati del mondo, perciò ha mandato suo Figlio, ed è in lui che devi credere. Nei prossimi 3 minuti torneremo al Vangelo di Matteo per vedere cosa sta combinando il clero dei giudei.

Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#092 - Il clero - Matteo 23:1-3

Gesù torna a dedicare un intero capitolo del Vangelo di Matteo, il 23, a coloro che sono sempre stati un problema per Dio: il clero. L’interessante, però, è che lui non predica la disobbedienza o la ribellione. Finché non fosse venuto il tempo della Chiesa, il giudaismo continuerebbe a valere, il Tempio a Gerusalemme continuerebbe ad essere il luogo di adorazione e le persone continuerebbero ad adorare in verità, secondo le Scritture, ma non in spirito.

Quei giudei religiosi occupavano un posto di autorità, e Gesù lo riconosce quando precisa che si sedevano sulla cattedra di Mosè. Così, il popolo avrebbe dovuto fare quello che i religiosi dicevano, ma non fare quello che facevano. Sì, perché dicevano una cosa e poi ne facevano un’altra.

Tutto questo è già passato, e oggi non puoi far valere questo stesso tipo di autorità. Siamo nel periodo della Chiesa, non di Israele, e quando dico “chiesa”, per favore, devi capire che mi riferisco al corpo di Cristo, formato da tutti quelli che sono nati di nuovo tramite la fede in Gesù, e non sto parlando di una qualsiasi organizzazione religiosa.

Il cristiano non va a un tempio, perché lui stesso è il tempio dello Spirito. Non va a Gerusalemme per adorare, perché lui adora dove due o tre sono riuniti nel nome di Gesù. Lui non ha bisogno d’intermediari, perché è atto a entrare direttamente alla presenza di Dio. E l’apostolo Pietro ce lo afferma nella sua prima epistola:

“Anche voi, come pietre viventi, siete edificati qual casa spirituale, per esser un sacerdozio santo per offrire sacrifici spirituali, accettevoli a Dio per mezzo di Gesù Cristo.” “Ma voi siete una generazione eletta, un real sacerdozio, una gente santa, un popolo che Dio s’è acquistato, affinché proclamiate le virtù di Colui che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua meravigliosa luce.” (I Pietro 2:4-9).

Questo vale per qualsiasi convertito, da poco o da molto tempo. Se ti converti a Cristo e credi che lui sia morto sulla croce per te, che il suo sangue sia stato sufficiente per purificarti da tutti i tuoi peccati e per salvarti eternamente, i versetti sopraccitati valgono anche per te. A differenza della religione giudaica, in cui c’era una classe speciale di uomini, un clero, nella Chiesa tutti sono speciali, tutti sono sacerdoti e tutti hanno uguale accesso a Dio.

Ma questo è quello che vedi in giro? Purtroppo, no. La cristianità ha adottato molte cose dal giudaismo, specialmente la struttura clericale. Eh, sai com’è, l’essere umano ha sempre voluto esercitare potere sulle persone. Torniamo, però, al clero giudaico.

Quando Gesù ha detto alle persone che dovevano ascoltare ciò che i religiosi dicevano, ma che non dovevano fare ciò che facevano, ci ha mostrato che la principale caratteristica dell’uomo religioso è l’ipocrisia, che è fingere di essere qualcosa che in realtà non si è, che è migliorare soltanto l’apparenza per così poter conquistare il rispetto degli altri, e che è esigere che gli altri vivano in un modo in cui lui stesso non vive. Nei prossimi 3 minuti vedremo Pietro comportarsi così, con ipocrisia.

Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#091 - Il secondo comandamento - Matteo 22:39-40

Dopo aver parlato del primo gran comandamento - amare Dio sopra ogni cosa - Gesù ci parla del secondo: “Ama il tuo prossimo come te stesso.” (Matteo 22:39). Oggigiorno questo secondo comandamento è molto usato dagli scrittori spiritualisti ma in modo zoppo, perché ci induce al seguente ragionamento:

“Beh, se ho bisogno di amare il mio prossimo come me stesso, sarebbe meglio che io adesso cominciassi ad amarmi di più... mmh... vediamo... ultimamente non mi sono amato molto, non mi sono valorizzato... dovrei davvero aumentare la mia autostima... ” Hai già capito dove voglio arrivare, vero?

Appunto, e il passo successivo sarà chiedere al mio prossimo che aspetti una vita, mentre prima cerco di risolvere la questione dell’amare me stesso. Questo ci porta a quella massima usata sempre di più dalla pubblicità: “Ti meriti di essere felice!” Poiché il cuore umano è insaziabile, non riterrò mai di amarmi già abbastanza da poter, così, amare il mio prossimo.

Quest’atteggiamento ci riporta all’idolatria, di cui ho parlato negli ultimi 3 minuti, e più specificamente all’adorazione di se stessi. Sarà stato così che Gesù ci ha amati? No, per amarci lui “annichilì se stesso, prendendo forma di servo e divenendo simile agli uomini; ed essendo trovato nell’esteriore come un uomo, abbassò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte della croce.” (Filippesi 2:7-8). Questo sì che è amore.

Poiché abbiamo una natura corrotta dal peccato, tu ed io, però, non siamo capaci di amare come Gesù ha amato, a meno che non ci sia un intervento divino per trapiantare questo suo amore in noi. Quest’intervento avviene quando credi in Gesù, e nell’effetto che il suo sacrificio sulla croce ha sulla tua colpa presso Dio.

L’apostolo Giovanni, conosciuto come essendo “il discepolo che Gesù amava” (Giovanni 21:20), ci scrive: “Diletti, amiamoci gli uni gli altri; perché l’amore è da Dio, e chiunque ama è nato da Dio e conosce Iddio.” (I Giovanni 4:7). Vedi l’ordine delle cose? Non è amando il tuo prossimo che sarai salvato, però colui che è già salvo, che è nato da Dio, è quello in grado di amare con un amore che non è il suo, ma che proviene da Dio.

Nel suo vangelo, questo stesso Giovanni afferma che “il Padre ama il Figliuolo, e gli ha dato ogni cosa in mano. Chi crede nel Figliuolo ha vita eterna; ma chi rifiuta di credere al Figliuolo non vedrà la vita, ma l’ira di Dio resta sopra lui.” (Giovanni 3:35-36). Ma cos’è questa ira? È la pena che tutti noi meritiamo perché siamo peccatori. La giustizia richiede una condanna del trasgressore, però Dio non si compiace di condannarti a un’eternità nelle tenebre. Ed ecco qui ancora una volta Giovanni, il quale nella sua prima epistola ci dice:

“In questo è l’amore: non che noi abbiamo amato Iddio, ma che Egli ha amato noi, e ha mandato il suo Figliuolo per essere la propiziazione per i nostri peccati." (I Giovanni 4:10). “Propiziare” significa placare l’ira di Dio. Ora fa' attenzione: Gesù è morto sulla croce perché tu fossi salvato. L’ha fatto per te. Ci sarà un amore più grande del suo? No. Esisterà ingratitudine più grande che quella di disprezzare quest’amore? No.

Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#090 - Il gran comandamento - Matteo 22:34-38

Alla fine del capitolo 22 di Matteo i farisei cercano nuovamente di mettere Gesù alla prova. Ora è il turno di un teologo di quell’epoca, che gli domanda: “Maestro, qual è, nella legge, il gran comandamento?” (Matteo 22:36).

E Gesù gli risponde: “Ama il Signore Iddio tuo con tutto il tuo cuore e con tutta l’anima tua e con tutta la mente tua.” (Matteo 22:37). Nel Vangelo di Marco viene anche aggiunto “e con tutta la forza tua.” (Marco 12:30). Tutto ciò è incluso nella totalità del nostro essere: emozione, entusiasmo, intelletto e vigore. Se questo è il gran comandamento, il gran peccato sarà amare in questo stesso modo qualsiasi altra cosa.

L’uomo moderno, mentre guarda Discovery Channel, crede di essere molto più evoluto delle persone mostrate in questi documentari, le quali adorano pietre, mucche o qualche decrepito guru. Il problema è che puoi essere un idolatra anche in giacca e cravatta, e con un dottorato post laurea nel tuo curriculum. Basterà fidarsi di qualsiasi altra cosa tranne che di Dio.

Ti senti al sicuro solo con le tasche piene? Il denaro è il tuo dio. Hai perso la voglia di vivere perché sei stato scaricato dalla tua ragazza? Brucia dell’incenso sul suo altare. È in palestra, o seguendo una dieta, che hai la tua garanzia di vita eterna? Canta lodi alla bilancia. Ciò che ami di più, ciò di cui ti fidi di più, ciò su cui scommetti tutto, questo è il tuo idolo, a cui attribuisci il merito di averti dato sicurezza, felicità e benessere.

Idolatria è l’essere controllato da qualsiasi altra cosa ma non da Dio. Scegliamo i nostri idoli e non ci rendiamo nemmeno conto di quanto siamo dominati da loro. Tutte le cose che possono essere considerate la ragione del nostro vivere, dalle quali dipendiamo e di cui ci fidiamo, saranno il nostro pantheon, il nostro Olimpo, l’altare dei nostri sacrifici.

La nostra cattiva condotta ci può anche rivelare chi ha in mano il controllo. Quando commetti un peccato come, ad esempio, mentire, ti affidi ai tuoi propri istinti, schemi e ragionamenti, invece di fidarti di Dio. O quando ti lasci andare alle tentazioni, idem, perché fai a meno di Dio e consegni loro il comando.

Forse oggigiorno non c’è culto più frequentato dall’uomo moderno che quello della sua volontà propria. Viviamo prostrati davanti all’altare dei nostri capricci, cantando il mantra: “Mi merito di essere felice”. Questo ci rende indulgenti verso le nostre manie e simili ad aborigeni che porgono le loro offerte a un ippopotamo male abituato.

Lo spiritualismo moderno ci porta a credere che la soluzione a tutto, inclusa la nostra salvezza eterna, sia in noi. Così, pensiamo che siamo buoni per natura, o che i nostri possibili difetti e peccati possano essere sanati con una bella dose di buone azioni e spiritualità.

Quando la pensiamo così, voltiamo le spalle a Dio, a colui che vuole avere il controllo al 100% della nostra vita e della nostra volontà, per poter risolvere il 100% dei nostri problemi, a cominciare dal primo: la purificazione dei nostri peccati fatta 2000 anni fa sulla croce. Nei prossimi 3 minuti Gesù ci parlerà del secondo gran comandamento.



Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

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