#271 - Affinché siano tutti uno - Giovanni 17:20-26

Quando all’improvviso entri in una stanza e scopri che qualcuno sta parlando male di te, il sentimento è di tristezza e indignazione. Ma cosa succederebbe, invece, se tale persona stesse dicendo bene di te? O addirittura ancor di più: se stesse intercedendo per te, volendo il meglio per te? È ciò che troviamo in questi versetti. Qui si entrerà nell’intimità di una conversazione tra il Padre e il Figlio, avente come soggetto coloro che in futuro avrebbero creduto in Gesù. Duemila anni fa, infatti, il Signore già intercedeva per me presso il Padre. E guarda cosa gli dice:


Or io non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me per mezzo della loro [degli apostoli] parola, affinché siano tutti uno, come tu, o Padre, sei in me e io in te; siano anch'essi uno in noi, affinché il mondo creda che tu mi hai mandato. E io ho dato loro la gloria che tu hai dato a me, affinché siano uno, come noi siamo uno. Io sono in loro e tu in me, affinché siano perfetti nell'unità, e affinché il mondo conosca che tu mi hai mandato e li hai amati, come hai amato me. (Giovanni 17:20-23).


La stessa unità, che esiste fra il Padre e il Figlio, deve esserci tra quelli che sono stati salvati da lui: tutti hanno uno stesso e unico Salvatore. Al di là di questo aspetto dell’unità, così come Cristo manifestava Dio nel mondo, il cristiano dovrà essere l’espressione di Cristo nel suo carattere e comportamento. Nel libro degli Atti, capitolo 4, quando gli apostoli sono stati interrogati dalle autorità e dal sommo sacerdote, questi “si meravigliavano e riconoscevano che erano stati con Gesù. (Atti 4:13). La testimonianza dei discepoli era coerente con quella di Gesù, poiché c’era una convergenza di tratti e propositi che il mondo poteva percepire.


Gesù, però, va oltre nella sua preghiera: “Padre, io voglio che dove sono io, siano con me anche coloro che tu mi hai dato, affinché vedano la mia gloria che tu mi hai dato, perché tu mi hai amato prima della fondazione del mondo. (Giovanni 17:24). Ricordati che qua ne parla come se avesse già compiuto l’opera della redenzione, morendo, essendo risuscitato e poi sedendosi “alla destra della Maestà nell'alto dei cieli” (Ebrei 1:3). Ed è in questo luogo d’indescrivibile gloria che Gesù ci vuole, al fine di contemplare la sua gloria.


Inoltre, ci fa guardare al futuro eterno e, contemporaneamente, al passato eterno. Quando afferma: “Dove sono io, siano con me…”, sta parlando dell’immutabilità della sua gloria eterna; dopo ci aggiunge: “Perché tu mi hai amato prima della fondazione del mondo (Giovanni 17:24), cioè nell’eternità, prima di tutti i secoli. Fra l’uno e l’altro c’è il tempo, questa cosa lineare che Dio ha creato insieme alla materia che conosciamo, il quale cesserà di esistere quando raggiungeremo lo stato eterno.


Nella cristianità, diventata gran rovina anche a causa delle migliaia di denominazioni religiose che negano appunto il principio dell’unità, si riesce ancora a trovare unità in quello che identifica ogni cristiano: il nome di Gesù. Come mai alcuni danno così poco valore a questo prezioso nome fino al punto di voler essere identificati con nomi di religioni create dagli uomini?


Nei prossimi 3 minuti Gesù ripercorrerà lo stesso cammino intrapreso dal re Davide mille anni prima.


Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

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