Nell’Antico Testamento, Dio ha stabilito un luogo in cui il popolo
d’Israele avrebbe dovuto adorare e offrire sacrifici. Gli israeliti non
dovevano adorare Dio dove gli paresse o come i pagani adoravano i loro
idoli. Il capitolo 12 del libro di Deuteronomio
conteneva istruzioni specifiche:
“Lo cercherete nel luogo che l'Eterno, il vostro Dio, sceglierà fra
tutte le vostre tribù, per mettervi il suo nome… Allora ci sarà un luogo
che l'Eterno, il vostro Dio, sceglierà per far dimorare il suo nome e
là porterete tutto ciò che vi comando: i vostri
olocausti e i vostri sacrifici, le vostre decime, le offerte elevate
delle vostre mani e tutte le offerte scelte… Guardati bene dall'offrire i
tuoi olocausti in ogni luogo che vedi; ma nel luogo che l'Eterno
sceglierà in una delle tue tribù…” (Deuteronomio
12:4-14).
Questo luogo sarebbe Gerusalemme e il tempio costruito da Salomone. Dopo
la morte di Salomone, il regno si è diviso in due: Giuda e Israele. Il
figlio di Salomone, Roboamo, ha regnato su Giuda, il regno formato dalle
tribù di Giuda e Beniamino, con sede a Gerusalemme.
L’altro regno, formato dalle altre dieci tribù, viene chiamato Israele,
di cui Geroboamo era il re e la sua capitale Samaria.
Per impedire alle dieci tribù di andare a Gerusalemme per adorare
nell’unico vero luogo, Geroboamo ha costruito due santuari ‘pirata’: uno
a Dan, nel nord di Israele, e l’altro a Betel, nel sud. Negli anni
successivi, sia Giuda che Israele hanno abbandonato
le Scritture, voltando le spalle a Dio. Questo finché non è apparso
Ezechia, il pio re di Giuda, che ha riaperto il tempio e ripristinato il
culto al Signore.
Lui sapeva che, agli occhi di Dio, Israele era un unico popolo.
Pertanto, quando ha riattivato la celebrazione della Pasqua, ha inviato
dei messaggeri anche alle dieci tribù di Israele, invitandole a recarsi
nel luogo in cui Dio aveva posto il suo nome: “I
corrieri passarono quindi di città in città nel paese di Efraim e
Manasse fino a Zabulon; ma la gente li derideva e si faceva beffe di
loro.” (2 Cronache 30:10).
Anni dopo, gli assiri hanno invaso Samaria, catturando le dieci tribù,
che sono scomparse mescolandosi con altri popoli. Il popolo che vediamo
ai tempi dei vangeli, e che oggi conosciamo come Israele, è composto
soltanto dalle tribù di Giuda e Beniamino. Allora,
cosa ci faceva Anna, la quale apparteneva alla tribù di Aser, nel
tempio in questo secondo capitolo del Vangelo di Luca?
Quando i messaggeri di Ezechia hanno invitato le dieci tribù a celebrare la Pasqua, “alcuni uomini di Aser, di Manasse e di Zabulon si umiliarono e vennero a Gerusalemme.” (2
Cronache 30:11). Anna doveva essere una discendente di questi aseriti,
rimasti
nel luogo scelto da Dio e sfuggiti così alla cattività assira e alla
perdita dell’identità come popolo di Dio. Infatti, lei aveva buone
ragioni per considerare il tempio un luogo sicuro, ed è lì che nei
prossimi 3 minuti troveremo Gesù dodicenne.
Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)