#027 - Pubblicani e peccatori - Matteo 9:9-13

Negli ultimi 3 minuti abbiamo visto che Gesù ha perdonato i peccati di un paralitico, e poi l’ha guarito. La folla si era meravigliata del miracolo visibile della guarigione, ma il miracolo invisibile del perdono dei peccati e della salvezza di quell’uomo aveva causato soltanto indignazione fra i religiosi. Anche perché solo Dio può perdonare i peccati.

Matteo, l’autore del vangelo, è un peccatore. E lui lo sa, ne è convinto. Insomma, essere un pubblicano, ossia, un collettore di tasse ai suoi giorni, significava avere una delle professioni più odiate. I pubblicani erano noti perché imponevano imposte ingiuste, se ne approfittavano della loro posizione per arricchirsi illecitamente, ed erano anche considerati dei traditori: lavoravano per il nemico, l’invasore romano.

Gesù lo vede seduto al banco della gabella, lo chiama e subito Matteo lascia tutto per seguirlo. Molti ascoltano questo stesso invito, ma pochi sono disposti a imbarcarsi nell’avventura di una relazione personale con il Figlio di Dio, con colui che è venuto a chiamare i peccatori, e che ha l’autorità e il potere per perdonare i peccati.

Matteo, a casa sua, prepara un banchetto per Gesù, e invita i suoi amici, ovviamente dei pubblicani come lui, e anche altre persone di dubbia reputazione. “Perché il vostro maestro mangia coi pubblicani e coi peccatori?” (Matteo 9:11), domandano i giudei religiosi ai discepoli. Per i religiosi, che non si avvicinavano a quei tipi di persone, qualcosa del genere è inconcepibile.

“Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati” - è ciò che ascoltano da Gesù - “Io non son venuto a chiamar dei giusti, ma dei peccatori” (Matteo 9:12-13). Il messaggio è chiaro. Molti tipi di cancro sono curabili se vengono diagnosticati in tempo, ma per chi ignora la malattia, non esiste una cura. La stessa cosa succede con il peccato.

E Gesù ha ancora di più da dire a quei religiosi che si considerano migliori degli altri perché vivono secondo i precetti della loro religione: “Voglio misericordia, e non sacrificio” (Matteo 9:13), dice. E Dio può esercitare la Sua misericordia, che è infinita, solo quando incontra un peccatore convinto di esserlo.

Proprio come ha fatto con Matteo, Gesù chiama chi sa già di non avere nemmeno un atomo di bontà da offrire a Dio in cambio del perdono dei suoi peccati. Qualcuno il quale sa che nessun sacrificio da parte sua potrà salvarlo, perché Dio ha già provveduto all’unico sacrificio efficace: la morte di Suo Figlio sulla croce per pagare per i nostri peccati.

Quei farisei religiosi non capirebbero mai la misericordia e la grazia di Dio se continuassero a pensare che la salvezza gli sarebbe stata data per qualche loro merito, osservando la legge, i precetti e i comandamenti. Cercare di mettere insieme queste cose, sarebbe come attaccare un pezzo di stoffa nuova sopra un vestito vecchio. Ma questo è l’argomento dei prossimi 3 minuti.

Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

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