La Legge
data agli ebrei nell’Antico Testamento stabiliva che il lebbroso fosse allontanato dalla vita in società (Numeri 5:2). A quel
tempo la lebbra era incurabile, la ragione
per cui nella Bibbia essa compare come
figura della più temibile infermità spirituale: il peccato.
La lebbra è la più antica malattia citata nei papiri egizi. Sì, il peccato devasta l’umanità
fin dall’Eden. E la lebbra può essere contagiosa. Nella lettera ai Romani leggiamo che “per
mezzo di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo, e
per mezzo del peccato la morte, e così la
morte è passata su tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato.”
(Romani 5:12).
Questa infermità corrompe il
corpo, compromette i nervi ed elimina la
sensibilità cutanea. Il lebbroso corre il rischio di autodistruggersi
senza accorgersene. Allo stesso
modo il peccato corrompe l’essere umano e
lo rende insensibile alla propria distruzione. Siamo già nati peccatori e
spiritualmente morti nei nostri falli e peccati (Efesini 2:1), ma come
con la lebbra, tale degrado fisico e morale
si manifesta a poco a poco.
Il nostro deplorevole stato è così descritto da Isaia: “Tutto
il capo è malato, tutto il cuore langue. Dalla pianta del piede fino alla
testa non vi è nulla di sano: solo ferite, lividure e piaghe aperte, che non
sono state pulite né fasciate né lenite con olio... Siamo tutti come una cosa
impura, e tutte le nostre opere di giustizia
sono come un abito sporco.”
(Isaia 1:5-6; 64:6).
Il peccato è come un pungiglione, o un
amo che aggancia l’uomo e lo trascina
verso l’inevitabile morte, mentre costui
si dibatte per rimanere in vita. E non finisce qui. L’epistola agli Ebrei ci rivela che “è stabilito che gli uomini muoiano una
volta sola, dopo di che viene il giudizio.” (Ebrei 9:27).
Mentre la
morte fisica segna la fine di ogni speranza in questa vita, il giudizio di Dio invece sigilla il nostro
destino eterno. Qui la parola “giudizio” non sta a indicare una sorta di
processo per valutare se l’uomo è un peccatore o meno, e se merita la condanna oppure no, perché tutti noi siamo già peccatori colpevoli
per natura. Dio, al giudizio, emetterà la sentenza
eterna per quelli che non hanno avuto i
loro peccati lavati dal sangue di Gesù.
Lazzaro rappresenta l’essere umano,
morto e senza aspettativa di guarigione. Vediamo anche che nell’Antico
Testamento i sacerdoti esaminavano il lebbroso con regolarità e,
curiosamente, questa persona sarebbe stata dichiarata
guarita soltanto quando la lebbra avesse coperto tutta la
sua pelle, dalla testa ai piedi (Levitico 13:13).
Prima
del suo più grande miracolo, Gesù
temporeggia e attende finché il peccato ricopra Lazzaro interamente con
il suo drappo funebre. Il Signore aspetterà che la
morte canti vittoria per poi risuscitarlo. In verità questo Lazzaro che esce dal sepolcro prefigura tutti i salvati da
Cristo, nei quali si compirà
quanto ha profetizzato Isaia, essendo poi confermato da Paolo stesso con queste parole: “La
morte è stata sommersa nella vittoria. O morte, dov'è la tua vittoria? O
morte, dov'è il tuo
dardo?”
(1 Corinzi 15:54-55; Isaia 25:8).
Nei prossimi 3 minuti conosceremo l’elenco delle celebrità
di Dio.