#209 - Lebbra e peccato - Giovanni 11

La Legge data agli ebrei nell’Antico Testamento stabiliva che il lebbroso fosse allontanato dalla vita in società (Numeri 5:2). A quel tempo la lebbra era incurabile, la ragione per cui nella Bibbia essa compare come figura della più temibile infermità spirituale: il peccato.


La lebbra è la più antica malattia citata nei papiri egizi. Sì, il peccato devasta l’umanità fin dall’Eden. E la lebbra può essere contagiosa. Nella lettera ai Romani leggiamo che “per mezzo di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo, e per mezzo del peccato la morte, e così la morte è passata su tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato. (Romani 5:12).


Questa infermità corrompe il corpo, compromette i nervi ed elimina la sensibilità cutanea. Il lebbroso corre il rischio di autodistruggersi senza accorgersene. Allo stesso modo il peccato corrompe l’essere umano e lo rende insensibile alla propria distruzione. Siamo già nati peccatori e spiritualmente morti nei nostri falli e peccati (Efesini 2:1), ma come con la lebbra, tale degrado fisico e morale si manifesta a poco a poco.


Il nostro deplorevole stato è così descritto da Isaia: “Tutto il capo è malato, tutto il cuore langue. Dalla pianta del piede fino alla testa non vi è nulla di sano: solo ferite, lividure e piaghe aperte, che non sono state pulite né fasciate né lenite con olio... Siamo tutti come una cosa impura, e tutte le nostre opere di giustizia sono come un abito sporco. (Isaia 1:5-6; 64:6).


Il peccato è come un pungiglione, o un amo che aggancia l’uomo e lo trascina verso l’inevitabile morte, mentre costui si dibatte per rimanere in vita. E non finisce qui. L’epistola agli Ebrei ci rivela che “è stabilito che gli uomini muoiano una volta sola, dopo di che viene il giudizio.” (Ebrei 9:27).


Mentre la morte fisica segna la fine di ogni speranza in questa vita, il giudizio di Dio invece sigilla il nostro destino eterno. Qui la parola “giudizio” non sta a indicare una sorta di processo per valutare se l’uomo è un peccatore o meno, e se merita la condanna oppure no, perché tutti noi siamo già peccatori colpevoli per natura. Dio, al giudizio, emetterà la sentenza eterna per quelli che non hanno avuto i loro peccati lavati dal sangue di Gesù.


Lazzaro rappresenta l’essere umano, morto e senza aspettativa di guarigione. Vediamo anche che nell’Antico Testamento i sacerdoti esaminavano il lebbroso con regolarità e, curiosamente, questa persona sarebbe stata dichiarata guarita soltanto quando la lebbra avesse coperto tutta la sua pelle, dalla testa ai piedi (Levitico 13:13).


Prima del suo più grande miracolo, Gesù temporeggia e attende finché il peccato ricopra Lazzaro interamente con il suo drappo funebre. Il Signore aspetterà che la morte canti vittoria per poi risuscitarlo. In verità questo Lazzaro che esce dal sepolcro prefigura tutti i salvati da Cristo, nei quali si compirà quanto ha profetizzato Isaia, essendo poi confermato da Paolo stesso con queste parole: “La morte è stata sommersa nella vittoria. O morte, dov'è la tua vittoria? O morte, dov'è il tuo dardo? (1 Corinzi 15:54-55; Isaia 25:8).


Nei prossimi 3 minuti conosceremo l’elenco delle celebrità di Dio.


Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

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