Il capitolo 11 del Vangelo di Giovanni è conosciuto come quello in cui Gesù risuscita
Lazzaro. Ma potrebbe anche essere visto come il capitolo dell’uomo che non è stato guarito da Gesù. Qui vediamo che il Signore sa che
uno dei suoi migliori amici è malato, tuttavia non fa nulla
per rimetterlo in salute.
Quando
Marta e Maria, sorelle di Lazzaro, mandano qualcuno ad avvertire Gesù che il
loro fratello era ammalato, lui
si limita a commentare: “Questa malattia non è a
morte, ma per la gloria di Dio, affinché
per mezzo di essa il Figlio di Dio sia glorificato.”
(Giovanni 11:4). Dopodiché Gesù resta dov’era
per altri due giorni, senza mostrare alcuna urgenza.
Se penserai che questo suo atteggiamento sia stato normale,
prova allora a immaginare la seguente situazione: una persona chiama il
Pronto Soccorso, chiedendo un’ambulanza
per il trasporto urgente di un familiare molto malato, però
si sente dire dal medico che arriverà solo tra alcuni giorni, e di non preoccuparsi perché questa malattia non è
per la morte, anzi, porterà al
progresso della medicina, giacché assicurerà
grande prestigio alla sua carriera.
Certo,
pure tu saresti rimasto deluso, così com’è accaduto a
Marta e Maria, dal fatto che Gesù fosse
arrivato troppo tardi, addirittura dopo quattro giorni dalla sepoltura
di Lazzaro. Infatti, oltre a trattenersi ancora due giorni nel luogo
dove
si trovava prima, Gesù ci aveva impiegato altri due giorni di viaggio
per raggiungerle. Ed entrambe fanno lo stesso commento: “Signore, se
tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe
morto.”
(Giovanni 11:21 e 32).
Il punto è che Gesù non è un medico. Se fosse venuto a guarire i malati, l’avrebbe fatto
per l’intera popolazione del pianeta con la
stessa facilità con cui ha risuscitato Lazzaro. Ma lui è il Figlio di
Dio che è venuto al mondo con la missione specifica di morire
per salvare i peccatori.
Perché
si capisca bene questa differenza, vorrei fare un esempio grossolano ma calzante. Mettiamo che un uomo stia
per morire, consumato da una malattia incurabile. Il medico lo informa di essere in
grado di guarirlo per
sempre, donandogli la salute perpetua, aggiungendo però che non l’avrebbe fatto immediatamente, soltanto in un giorno
futuro. Nel frattempo, proprio per attestare che ne ha la capacità, il dottore gli farebbe “magicamente” sparire il
mal di denti.
Questo esempio ci dà una chiara idea dell'immensa distanza fra un beneficio passeggero
in questa vita e la salvezza eterna che
Gesù ci offre. I miracoli e le guarigioni compiute da Gesù, e anche dai
suoi discepoli, servivano a rivelare le proprie credenziali in
quanto Messia. Era come se lui stesse aprendo una fessura nel
tempo e dicesse ai giudei: “Guardate come sarà
quando regnerò”.
Quando
i discepoli di Giovanni Battista sono stati incaricati di domandare a Gesù se fosse il Messia, o se dovessero aspettarne un altro, il Signore gli ha risposto: “I
ciechi ricuperano la vista e gli zoppi camminano; i lebbrosi
sono purificati e i sordi odono; i morti risuscitano e il vangelo è annunciato ai poveri.”
(Matteo 11:5). Queste credenziali provavano che l'Emmanuele era già tra di loro (Matteo 1:23).
Nei prossimi 3 minuti capiremo meglio il ruolo delle guarigioni e dei miracoli nel ministero
di Gesù e dei suoi discepoli.