#282 - Una nuova chance - Genesi 7 a 11

Dio ha deciso di dare all’umanità un’altra opportunità, ricominciando quasi da capo mediante Noè, e aprendo così il periodo che potremmo chiamare ‘governo umano’. A Noè è stata data autorità sui suoi simili, incluso il potere di condannare a morte chiunque versasse il sangue del suo prossimo. E questo non è mai stato revocato da Dio.


Quando sono usciti dall’arca, Noè e i suoi figli hanno trovato un mondo differente da prima. L’aspettativa di vita, che entro poche generazioni scenderebbe a centoventi anni, continuerebbe a diminuire, fino a raggiungere mediamente trent’anni. Infatti, è stato soltanto nel XX secolo che la medicina ha invertito la tendenza corrente, ed oggi l’età media si aggira intorno ai settant’anni, circa novecento anni in meno dell’età di Matusalemme, il nonno di Noè.


In questa diversa realtà, Dio ha dato loro l’uso della carne come cibo e, di conseguenza, gli animali hanno cominciato ad avere paura e a fuggire dagli uomini, fatto che anteriormente non accadeva. E ogni cosa andava bene finché Noè, il primo governatore di questi nuovi tempi, “avendo bevuto del vino, si ubriacò” (Genesi 9:21), cadendo in disgrazia. Come sempre succede nelle varie dispensazioni, tutto inizia bene ma finisce male. Infatti, i discendenti di Noè lo confermeranno, basta leggere il capitolo 11 di Genesi.


Già, lì li troviamo pretenziosi, dichiarandosi i padroni del mondo, ed affermando: “Orsù, costruiamoci una città e una torre la cui cima giunga fino al cielo, e facciamoci un nome, per non essere dispersi sulla faccia di tutta la terra. (Genesi 11:4). Tuttavia Dio, parlando alla prima persona del plurale giacché è un’azione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, dichiara:


Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti la medesima lingua; e questo è quanto essi hanno cominciato a fare; ora nulla impedirà loro di condurre a termine ciò che intendono fare. Orsù, scendiamo laggiù e confondiamo la loro lingua, affinché l'uno non comprenda più il parlare dell'altro. (Genesi 11:6-7). E il racconto biblico prosegue:Così l'Eterno li disperse di là sulla faccia di tutta la terra, ed essi cessarono di costruire la città. Perciò a questa fu dato il nome di Babele [che significa ‘confusione’], perché l'Eterno colà confuse la lingua di tutta la terra, e di là l'Eterno li disperse sulla faccia di tutta la terra.” (Genesi 11:8-9).


Insomma, l’uomo aveva fallito nell’era dell’innocenza, della coscienza e pure del governo umano. Quindi, a questo punto, Dio chiamerà qualcuno per uscirne fuori dall’idolatria regnante, la quale devastava il mondo di allora, dandogli una promessa. Abramo, nome che vuol dire ‘padre esaltato’, più tardi sarà chiamato Abraamo, cioè ‘padre di una moltitudine’. Dio gli promette una terra, Canaan, e una posterità, però non senza sacrificio. Prefigurando quello che Dio stesso avrebbe fatto secoli dopo con suo Figlio, ad Abraamo è stato chiesto di sacrificare Isacco, suo figlio, in olocausto a Dio (Genesi 22:2).


Tutto ciò aveva lo scopo di mettere alla prova la fede di Abraamo, nel senso che avrebbe dovuto credere che Dio avrebbe anche riportato in vita suo figlio dai morti. Una volta soddisfatto, Dio interromperà tale sacrificio e gli mostrerà un montone da uccidere al posto di Isacco. Anni più tardi, il sacrificio del Figlio di Dio non sarebbe stato affatto interrotto. L’Agnello di Dio avrebbe dovuto morire davvero.


Nei prossimi 3 minuti Dio darà ancora un’occasione a un popolo testardo e ostinato: Israele.


Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

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