#334 – Uno spirito di infermità – Luca 2:48-52

Giuseppe e Maria rimangono perplessi quando incontrano Gesù, appena dodicenne, che conversa con i maestri della religione giudaica nel tempio di Gerusalemme. E sua madre lo rimprovera: “Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo!” (Luca 2:48). La risposta del Signore è piena di significato:

Perché mi cercavate? Non sapevate che io dovevo trovarmi nella casa del Padre mio?”. In altre versioni, leggiamo: “Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” (Luca 2:49). Queste parole assumono un significato ancora maggiore quando si è consapevoli che mai nessun giudeo oserebbe chiamare Dio ‘Padre’.

Questi versetti sfatano le teorie che parlano di Gesù come se fosse soltanto una persona qualsiasi, il quale dai dodici ai trent’anni sarebbe vissuto tra gli esseni, o addirittura che si fosse recato in India per imparare tutto ciò che sapeva! Qui lo vediamo a dodici anni, non solo mentre stupisce i sapienti d’Israele con le sue risposte e con la sua comprensione delle Scritture, ma anche conscio di essere il Figlio di Dio venuto al mondo per prendersi cura degli interessi del Padre.

Quando osserviamo che Giuseppe e Maria “non compresero le parole che aveva detto loro” (Luca 2:50), ci accorgiamo che finora non sapevano chi fosse veramente Gesù e quale posto avrebbe avuto nel futuro di Israele. Qua Maria può essere vista come una figura del popolo di Israele nella sua incredulità. Proprio come in seguito sarebbe accaduto pure ai sacerdoti e ai farisei, lei rifiuta l’idea che il tempio sia il luogo in cui Gesù dovrebbe trovarsi. Tale incredulità degli ebrei, in qualità di nazione, li avrebbe portati a non riconoscere il loro Re e Messia, e a non dargli nemmeno il posto che gli spettava di diritto.

Da qualche parte, lì vicino, una donna verrà colta da uno spirito di infermità, che la lascerà curva e malata per ben diciotto anni. E Gesù, per diciotto anni, appunto, scomparirà dalle pagine di questo Vangelo, per poi tornarci trentenne, guarendo questa stessa donna nel capitolo 13 di Luca. La donna e la sua malattia sono un’immagine della condizione di Israele, nel tempo presente, del suo rifiuto del Messia. Paolo ce lo rivela nel capitolo 11 della sua lettera ai Romani, discorrendo sugli ebrei:

Dio ha dato loro uno spirito di torpore, occhi per non vedere e orecchie per non udire, fino a questo giorno… Siano gli occhi loro oscurati perché non vedano e rendi curva la loro schiena per sempre.” (Romani 11:8-10). Tuttavia, Israele sarà guarito solamente in futuro, quando Cristo ritornerà, essendo accolto da un residuo debole e disprezzato, simile a quello formatosi da Simeone e Anna.

Nei prossimi 3 minuti, una voce griderà nel deserto.

Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#333 – Alla ricerca di Gesù – Luca 2:40-47

Quando Gesù compie dodici anni, si reca a Gerusalemme con la sua famiglia, come d’altronde ogni anno. Era questo l’unico luogo autorizzato dalle Scritture in cui gli ebrei avrebbero dovuto celebrare la Pasqua. Il Vangelo di Luca è quello che fornisce il maggior numero di dettagli sui primi anni di Gesù, e qui questa particolare circostanza ci è di grande insegnamento.

Dopo la celebrazione, Giuseppe e Maria si avviano con un gruppo di amici e familiari per tornare a casa, ignari del fatto che Gesù era stato lasciato indietro. Continuano a camminare spensierati, perché ritengono che il ragazzo sia con i suoi parenti e amici nella carovana; però, quando si rendono conto che è scomparso, decidono di rientrare a Gerusalemme. Purtroppo, ci metteranno altri tre giorni prima di trovarlo nel Tempio.

E attenzione: ora c’è una lezione preziosa da imparare per coloro che già credono in Gesù e pensano che stare insieme ai fratelli in Cristo sia la stessa cosa che essere in comunione con Gesù. Non è proprio così che funziona. Per quanto importante sia la comunione con i nostri fratelli, nulla sostituisce la nostra comunione personale alla presenza del Signore, cioè quando io, individualmente, mi occupo di lui e della sua Parola tramite meditazioni, preghiere e ringraziamenti.

A Giuseppe e a Maria è bastato soltanto un giorno per perdere il contatto con Gesù, ma ci sono voluti ben tre giorni per ristabilirlo. Lo stesso vale per noi. È molto facile lasciarci sfuggire la comunione con Gesù, mentre invece è difficile ripristinarla. Provvidenzialmente, anche in tale caso, possiamo contare sulla grazia e sulla compassione di Dio.

E avvenne che, tre giorni dopo, lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, intento ad ascoltarli e a far loro domande. E tutti quelli che l'udivano, stupivano della sua intelligenza e delle sue risposte.” (Luca 2:46-47).

Alcune persone citano questo passaggio per affermare che Gesù stesse insegnando ai dottori d’Israele; tuttavia, ciò sarebbe fuori luogo, poiché sono i più giovani che dovrebbero essere istruiti dagli anziani. Qua ci è detto semplicemente che li ascoltava, che poneva loro delle domande e rispondeva se gli chiedevano qualcosa, stupendo tutti con le sue risposte e il suo intendimento.

Gli ultimi versetti di questo capitolo dimostrano che, pur essendo Dio, Gesù è visto, oltretutto, anche come un essere umano perfetto, sottomesso ai suoi genitori e alle autorità del suo tempo. Nella sua umanità, “cresceva in sapienza, in statura e in grazia davanti a Dio e agli uomini.” (Luca 2:51-52). Eppure, il modo in cui risponde a sua madre, dopo che lei l’aveva rimproverato, ci rivelerà di più. E questo sarà l’argomento dei prossimi 3 minuti.

Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#332 – Il luogo scelto da Dio – Luca 2:36-39

Nell’Antico Testamento, Dio ha stabilito un luogo in cui il popolo d’Israele avrebbe dovuto adorare e offrire sacrifici. Gli israeliti non dovevano adorare Dio dove gli paresse o come i pagani adoravano i loro idoli. Il capitolo 12 del libro di Deuteronomio conteneva istruzioni specifiche:

Lo cercherete nel luogo che l'Eterno, il vostro Dio, sceglierà fra tutte le vostre tribù, per mettervi il suo nome… Allora ci sarà un luogo che l'Eterno, il vostro Dio, sceglierà per far dimorare il suo nome e là porterete tutto ciò che vi comando: i vostri olocausti e i vostri sacrifici, le vostre decime, le offerte elevate delle vostre mani e tutte le offerte scelte… Guardati bene dall'offrire i tuoi olocausti in ogni luogo che vedi; ma nel luogo che l'Eterno sceglierà in una delle tue tribù…” (Deuteronomio 12:4-14).

Questo luogo sarebbe Gerusalemme e il tempio costruito da Salomone. Dopo la morte di Salomone, il regno si è diviso in due: Giuda e Israele. Il figlio di Salomone, Roboamo, ha regnato su Giuda, il regno formato dalle tribù di Giuda e Beniamino, con sede a Gerusalemme. L’altro regno, formato dalle altre dieci tribù, viene chiamato Israele, di cui Geroboamo era il re e la sua capitale Samaria.

Per impedire alle dieci tribù di andare a Gerusalemme per adorare nell’unico vero luogo, Geroboamo ha costruito due santuari ‘pirata’: uno a Dan, nel nord di Israele, e l’altro a Betel, nel sud. Negli anni successivi, sia Giuda che Israele hanno abbandonato le Scritture, voltando le spalle a Dio. Questo finché non è apparso Ezechia, il pio re di Giuda, che ha riaperto il tempio e ripristinato il culto al Signore.

Lui sapeva che, agli occhi di Dio, Israele era un unico popolo. Pertanto, quando ha riattivato la celebrazione della Pasqua, ha inviato dei messaggeri anche alle dieci tribù di Israele, invitandole a recarsi nel luogo in cui Dio aveva posto il suo nome: “I corrieri passarono quindi di città in città nel paese di Efraim e Manasse fino a Zabulon; ma la gente li derideva e si faceva beffe di loro.” (2 Cronache 30:10).

Anni dopo, gli assiri hanno invaso Samaria, catturando le dieci tribù, che sono scomparse mescolandosi con altri popoli. Il popolo che vediamo ai tempi dei vangeli, e che oggi conosciamo come Israele, è composto soltanto dalle tribù di Giuda e Beniamino. Allora, cosa ci faceva Anna, la quale apparteneva alla tribù di Aser, nel tempio in questo secondo capitolo del Vangelo di Luca?

Quando i messaggeri di Ezechia hanno invitato le dieci tribù a celebrare la Pasqua, “alcuni uomini di Aser, di Manasse e di Zabulon si umiliarono e vennero a Gerusalemme.” (2 Cronache 30:11). Anna doveva essere una discendente di questi aseriti, rimasti nel luogo scelto da Dio e sfuggiti così alla cattività assira e alla perdita dell’identità come popolo di Dio. Infatti, lei aveva buone ragioni per considerare il tempio un luogo sicuro, ed è lì che nei prossimi 3 minuti troveremo Gesù dodicenne.

Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#331 – Credere, aspettare e servire – Luca 2:36-39

Proprio come è successo alla prima venuta di Gesù, anche oggi sono pochi quelli che lo aspettano veramente. La maggior parte dei cristiani pensa che si verificheranno vari eventi prima dell’arrivo di Cristo per regnare in questo mondo come, ad esempio, la predicazione del vangelo del regno su tutta la terra, la tribolazione o la comparsa dell’anticristo. È una minoranza ad attendere ‘soltanto’ il Signore, che discenderà dal cielo da un momento all’altro per incontrare la sua chiesa nell’aria. Simile prospettiva era già presente nella vita dell’apostolo Paolo, includendosi tra i viventi che sarebbero stati trasformati e rapiti sulle nuvole insieme ai risuscitati (1 Tessalonicesi 4:15-18).

In questo capitolo 2 di Luca, vediamo che non è il re d’Israele, nel comfort del suo palazzo, ad aspettare il Messia, ma gli umili pastori che dormono all’aperto. Nel tempio di Gerusalemme, non è il clero ad attendere il sommo Pastore (1 Pietro 5:4), ma gli anziani Simeone e Anna, in continua vigilia. E non è in una casa prospera che il Salvatore viene al mondo, ma tra due giovani così poveri che non possono nemmeno permettersi un agnello per il sacrificio.

Qui, infatti, ognuno rappresenta una caratteristica di coloro che adesso hanno l’aspettativa del ritorno del Signore. Innanzitutto, abbiamo Giuseppe e Maria, che cercano di obbedire alle Scritture. Essendo giudei, la loro responsabilità era quella di adempiere alla Legge dell’Antico Testamento. Oggi il cristiano non ha una Legge da seguire, però la completa Parola di Dio, che include la dottrina degli apostoli (Atti 2:42). Il vero cristiano ha lo Spirito Santo abitando in lui (Romani 8:9), per applicare la Parola sotto forma di edificazione, esortazione e consolazione. Per i cristiani, l’Antico Testamento non è un elenco di regole come lo era per gli ebrei ma, piuttosto, contiene principi, tipi e figure che li aiutano a comprendere il Nuovo Testamento.

Mentre Giuseppe e Maria sono impegnati ad osservare le Scritture, i pastori credono a ciò che gli dice l’angelo. Ci vuole fede per intravedere in un povero bambino, che dorme in una mangiatoia, il Messia e Re liberatore d’Israele. E Simeone? È per noi un esempio della pazienza di qualcuno che spera senza mai arrendersi e la cui perseveranza viene ricompensata. Così come la vedova Anna, pure lei in attesa, la quale per oltre ottant’anni è stata una presenza costante nel tempio di Gerusalemme, servendo Dio giorno e notte. Obbedire alle Scritture, credere, aspettare e servire: tali sono le particolarità di chi attende il Signore.

Tuttavia, qua c’è un fatto curioso: perché Luca, ispirato dallo Spirito Santo, si sarebbe preso la briga di specificare che Anna era “della tribù di Aser” (Luca 2:36)? La risposta si trova nei prossimi 3 minuti.

Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#330 – La spada – Luca 2:33-35

Giuseppe e Maria si meravigliano delle promesse che Dio ha per i gentili e per i giudei riguardo a questo bambino. Le parole, però, che ora sgorgano dalla bocca di Simeone, ispirate dallo Spirito Santo, sono gravi e tristi. Questo stesso bambino sarebbe stato destinato a essere la causa tanto della caduta quanto dell’ascesa di molti in Israele.

La presenza di Gesù avrebbe messo alla prova l’umanità. Coloro che superbamente gli avrebbero resistito, sarebbero stati puniti per la loro incredulità. E questa ‘fila’, per così dire, sarebbe stata capeggiata soprattutto dal clero. Allo stesso tempo, invece, gli umili, pentiti dei loro peccati e riconoscendo Gesù come loro Salvatore, sarebbero stati benedetti. Addirittura i ladri, le prostitute e gli esattori di tasse convertiti farebbero parte di tale gruppo.

Il Signore sarebbe stato anche un segno di contraddizione o pietra d’inciampo per molti (1 Pietro 2:7), poiché la sua santa e immacolata presenza avrebbe creato, di per sé, un contrasto con il peccato e con l’empietà dell’uomo. Gli esseri umani non avrebbero potuto sopportare una simile luce, mettendo a nudo la sporcizia dei loro cuori; dunque, si sarebbero rivoltati contro Gesù.

Maria non sarebbe uscita indenne da tutto ciò, perché una spada le avrebbe trafitto l’anima quando avrebbe visto il suo amato figlio inchiodato a una croce pari a qualsiasi criminale. In quel momento, tutte le speranze che lui fosse davvero il Messia e il liberatore, sarebbero state scosse, come sarebbe pure accaduto agli altri discepoli.

La presenza di Gesù, la Parola divina fatta carne, sarebbe stata una spada affilata per chiunque fosse entrato in contatto con lui: “La parola di Dio, infatti, è vivente ed efficace, più affilata di qualunque spada a due tagli e penetra fino alla divisione dell'anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla, ed è in grado di giudicare i pensieri e le intenzioni del cuore. E non vi è alcuna creatura nascosta davanti a lui, ma tutte le cose sono nude e scoperte agli occhi di colui al quale dobbiamo rendere conto.” (Ebrei 4:12-13).

Da quando Simeone ha detto queste parole (Luca 2:34-35), nulla è cambiato rispetto alle persone. Non esiste una posizione neutrale se si tratta di Gesù. O credi in lui come Salvatore amorevole e misericordioso, e godi del perdono dei tuoi peccati già adesso, oppure dovrai incontralo come giudice giusto e implacabile. La decisione viene presa qui e ora, giacché nessuno sa cosa ci riserva il prossimo battito del nostro cuore, casomai ci sarà.

Nei prossimi 3 minuti scoprirai che stesse facendo Anna nel tempio di Gerusalemme.

Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#329 – Simeone – Luca 2:21-32

Nella lettera ai Galati, Paolo scrive che “quando è venuto il compimento del tempo, Dio ha mandato suo Figlio, nato da donna, sottoposto alla legge, perché riscattasse quelli che erano sotto la legge, affinché noi ricevessimo l'adozione.” (Galati 4:4-5). Nell’annunciare la nascita di Gesù ai pastori, l’angelo proclama che la buona novella era “per tutto il popolo” (Luca 2:10), cioè il popolo d’Israele, e non “per tutte le genti”.

Il Vangelo di Giovanni ci dice che Gesù “è venuto in casa sua” (il popolo d’Israele), ma quando “i suoi non lo hanno ricevuto”, Dio estese la portata della sua grazia, e “a tutti coloro che lo hanno ricevuto, egli ha dato l'autorità di diventare figli di Dio, a quelli cioè che credono nel suo nome” (Giovanni 1:11-12). Ecco perché vediamo Maria e Giuseppe adempiere i precetti della Legge: circoncidono Gesù l’ottavo giorno ed eseguono il rito della purificazione di Maria quaranta giorni dopo il parto. L’offerta di purificazione fatta rivelerà la loro povertà; infatti, la coppia offre solo due giovani colombi, e non un agnello di un anno, che sarebbe stata l’offerta richiesta dalla Legge per chi avesse avuto risorse.

Seguendo ancora il rituale ebraico, Maria e Giuseppe presentano il bambino al tempio di Gerusalemme, ignari del fatto che erano attesi lì. Simeone, uno dei pochi che aspettavano la venuta del Messia, era stato avvisato dallo Spirito Santo che “non sarebbe morto prima di aver visto il Cristo del Signore” (Luca 2:25-26). E lo stesso Spirito lo spinge ad andare al tempio proprio nell’ora in cui Maria e Giuseppe sarebbero arrivati con il bambino. Così, prendendo il bambino tra le sue braccia, Simeone profetizza:

Ora, Signore, lascia che il tuo servo muoia in pace secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza che tu hai preparato davanti a tutti i popoli; luce per illuminare le genti”, cioè, descrive il tempo presente, nel quale Gesù dona la salvezza a tutti coloro che credono, portandoli con sé quando verrà a rapire la sua chiesa. Poi Simeone prosegue: “e gloria del tuo popolo Israele”, riferendosi qui al ritorno di Gesù per liberare il popolo d’Israele e regnare su di esso (Luca 2:27-32).

La venuta di Cristo avviene per fasi: prima, Gesù “venne fra la sua gente”, però non l’hanno accolto. Allora, Dio raduna un popolo composto da ebrei e gentili, che chiama chiesa, il cui periodo potrebbe concludersi in qualsiasi momento con il ritorno segreto di Gesù nel rapimento. Da quel punto in poi, Dio tornerà ad occuparsi del popolo d’Israele oramai in grande tribolazione, per salvare un residuo e per compiere tutte le promesse che gli aveva fatto nell’Antico Testamento, introducendolo nel suo regno di mille anni di giustizia e di pace sulla terra, mentre la chiesa sarà già in cielo.

Nei prossimi 3 minuti Maria scoprirà che una spada le trafiggerà l’anima.

Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#328 – L’impatto di ‘Dio con noi’ – Luca 2:15-20

Il mondo non sarà più lo stesso da questo momento in poi, e tre cose segneranno l’arrivo di Gesù sul pianeta Terra. Innanzitutto, i cieli si riempiranno di gioia perché Dio è venuto tra noi in forma umana. Gli umili pastori sono avvolti dallo splendore della gloria di Dio e una moltitudine dell’esercito celeste prorompe in lode, dicendo: “Gloria a Dio nei luoghi altissimi” (Luca 2:14).

Più tardi, l’apostolo Giovanni avrebbe detto: “Quel che era dal principio, quel che abbiamo udito, quel che abbiamo visto con i nostri occhi, quel che abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato della Parola della vita (e la vita è stata manifestata e noi l'abbiamo vista e ne rendiamo testimonianza, e vi annunziamo la vita eterna che era presso il Padre e che è stata manifestata a noi), quello che abbiamo visto e udito, noi ve lo annunziamo” (1 Giovanni 1:1-3).

Il secondo effetto è che il male e il peccato, che hanno rovinato la creazione di Dio, hanno i giorni contati. Dio non viene in gloria, e per vendicarsi del peccatore, ma come un bambino indifeso, nato povero, che porta salvezza, misericordia e grazia a un mondo irrimediabilmente colpevole. “Poiché Dio ha riconciliato il mondo con sé in Cristo, non imputando agli uomini i loro falli” (2 Corinzi 5:19). E gli angeli continuano, proclamando: “…pace in terra”.

La terza conseguenza della presenza del Figlio di Dio nel mondo è la rivelazione del suo affetto verso le sue creature: “pace… agli uomini che egli gradisce”. Dio ama l’umanità, e il libro dei Proverbi lo esprime in questo modo: “Mi rallegravo nella parte abitabile del mondo e trovavo il mio diletto con i figli degli uomini.” (Proverbi 8:31). Il Salmo 85 riassume l’esito di questa visita così illustre: “La benignità e la verità si sono incontrate; la giustizia e la pace si sono baciate. La verità germoglierà dalla terra e la giustizia guarderà dal cielo. Sì, l'Eterno darà ciò che è bene, e la nostra terra produrrà il suo frutto. La giustizia camminerà davanti a lui e preparerà la via ai suoi passi.” (Salmo 85:10-13).

Tutto ciò è rappresentato in questo bambino, inosservato agli occhi del mondo, però acclamato dagli abitanti del cielo. Ci è voluta la fede dei poveri pastori per poter vedere la grandiosità di tale evento. “Andiamo fino a Betlemme”, dicono i pastori, “per vedere ciò che è avvenuto e che il Signore ci ha fatto conoscere. Andarono quindi in fretta e trovarono Maria, Giuseppe e il bambino, che giaceva in una mangiatoia. Dopo averlo visto, divulgarono quanto era stato loro detto a proposito di quel bambino. E tutti coloro che li udirono si meravigliarono delle cose raccontate loro dai pastori.” (Luca 2:15-18).

Nei prossimi 3 minuti conoscerai Simeone.

Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

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