#195 - Le ragioni di Dio - Giovanni 9:1-3

Poiché appartiene alla specie umana, il cieco del capitolo 9 del Vangelo di Giovanni è un peccatore, quindi soggetto alle imperfezioni causate dal peccato. Ma perché uno nasce cieco e un altro invece no? Pensando che la sua disabilità fosse il risultato diretto di qualche suo peccato, o dei suoi genitori, la domanda dei discepoli ci suggerisce due possibilità.


La prima sarebbe che il cieco avesse peccato prima di nascere, però quest’idea di qualcuno che vive, muore e si reincarna per liberarsi dal peccato è chiaramente scartata nella Bibbia. Infatti, nella lettera agli Ebrei si legge che “è stabilito che gli uomini muoiano una volta sola, dopo di che viene il giudizio (Ebrei 9:27).


L’altra possibilità segnalata dai discepoli ci porterebbe a considerare che la sua cecità fosse un castigo ricevuto a causa di qualche peccato compiuto dai suoi genitori. Così, in entrambi i casi, o quest’uomo sarebbe direttamente responsabile del suo difetto che, in realtà, non avrebbe mai potuto causare a se stesso, oppure terze persone sarebbero responsabili della sua sofferenza, sempre come conseguenza di un peccato commesso da loro.


Gesù risolve questo enigma affermando che “né lui né i suoi genitori hanno peccato, ma ciò è accaduto, affinché siano manifestate in lui le opere di Dio. (Giovanni 9:3). Ne aveva di peccati il cieco? Sì! E i suoi genitori? Sì, anche loro, come qualsiasi essere umano. In questo caso, però, la sua disabilità non era il risultato di un peccato in particolare, né suo, né dei suoi genitori. Quando Dio permette che una persona nasca così, ha in vista qualcosa di più grande: la manifestazione dell’opera e della potenza di Dio.


Siamo tutti ciechi quando si tratta di capire le ragioni di Dio, per questo ci indigniamo ogni volta che ci accade qualcosa di brutto. Nella prima lettera ai Corinzi c’è scritto: “Quando ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino; ma quando sono diventato uomo, ho smesso le cose da bambino. Poiché ora vediamo come in uno specchio, in modo oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia; ora conosco in parte; ma allora conoscerò pienamente, come anche sono stato perfettamente conosciuto. (1 Corinzi 13:11-12).


Da bambino non capivo come i miei genitori potessero amarmi quando venivo sgridato o castigato da loro. Quale tipo di amore materno era poi quello che mi obbligava a ingoiare quotidianamente un cucchiaio di olio di fegato di merluzzo? E perché mai mio padre mi teneva stretto e non mi aiutava a scappare mentre il farmacista mi colpiva con una siringa? Per quanto mi spiegassero i motivi, a quell’età non riuscivo a comprendere. Me ne rendo conto solo oggi.


Insomma, la nostra difficoltà non è ammettere che esista un motivo per la sofferenza. Il problema è che non capiamo o semplicemente non vogliamo accettare le ragioni di Dio. Nella lettera ai Filippesi, dopo aver affermato di aver imparato ad accontentarsi in qualsiasi circostanza, l’apostolo Paolo conclude: “Io posso ogni cosa in colui che mi fortifica. (Filippesi 4:13). In Cristo, anche tu ed io possiamo tutto... incluso il fatto di accettare che Dio abbia ragione.


Nei prossimi 3 minuti gli occhi del cieco si riempiranno di fango.

Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

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