#186 - L’ora dell’assenza - Giovanni 8:21-25

Per secoli i giudei avevano aspettato l’arrivo del Messia, colui che era stato promesso da Dio per mezzo dei profeti. E tutti i testi dell’Antico Testamento accennavano a lui, sia in forma esplicita sia figuratamente. Adesso finalmente il Messia è proprio lì, davanti a loro.


Purtroppo non lo riconoscono; e peggio ancora, sono determinati a ucciderlo. Eh sì, Gesù lo sa bene che riusciranno a realizzare il loro obiettivo. Per questo ora discorre sulla sua futura assenza, quando quei medesimi giudei lo cercheranno e non lo troveranno, perché là dove va lui, loro non possono venire, gli è impossibile.


I giudei hanno subito pensato che Gesù volesse suicidarsi, però qui si tratta del suo sacrificio, così come della sua risurrezione e ascensione al cielo, il suo luogo d’origine. Se ti sei mai sentito frustrato nel vedere una persona che se ne va per sempre, senza che tu abbia avuto l’opportunità di risolvere qualche contrasto tra di voi, capirai quello che sta succedendo qua.


Gesù gli mostra che il loro rifiuto suggellerà definitivamente il destino di ognuno di loro. Lui sarebbe tornato in cielo e loro sarebbero rimasti in questo mondo finché non fossero morti e poi condannati allo stagno di fuoco. Ma allora cosa dovrebbero fare esattamente per poter evitare tale fine? Il versetto 24 è ben chiaro: “Se infatti non credete che Io Sono, morirete nei vostri peccati.” (Giovanni 8:24).


L’espressione “Io Sono” è stata usata da Dio nel momento in cui si è rivelato a Mosè. Quest’ultimo gli ha chiesto chi gli stesse parlando, e la risposta di Dio, in Esodo 3:14, è stata: “Io Sono colui che Sono.”. E dopo ha aggiunto: “Dirai così ai figli d’Israele: L’Io Sono mi ha mandato da voi.”. In questo modo l’“Io Sono” svelava l’essenza di Dio, colui che esiste in se stesso, indipendente dalle cose create. Gesù è l’“Io Sono colui che Sono”, è Dio, quindi anche tu dovresti crederci.


Un altro dettaglio importante in questo passaggio del Vangelo di Giovanni è la differenza tra ciò che Gesù afferma nei versetti 21 e 24, diversità che troverai solo nelle migliori traduzioni della Bibbia. Prima dice ai giudei: “morirete nel vostro peccato”, al singolare; e in seguito: “morirete nei vostri peccati”, al plurale.


Ogni volta che nella Bibbia troviamo la parola “peccato”, al singolare, si allude alla nostra natura peccaminosa, quella che abbiamo ereditato da Adamo. Quando invece tale termine appare al plurale, cioè “peccati”, riguarda i frutti di questa natura, ossia le nostre azioni compiute indipendentemente dalla volontà di Dio. Purtroppo non esiste una soluzione per chi lascia questa vita da colpevole, tanto a causa della sua natura, ovvero dal “peccato”, quanto per via dei suoi atti ribelli, dai “peccati”.


Il destino di quei giudei è stato segnato dal non credere in Gesù come l'“Io Sono”, Dio stesso, colui che ha in sé l’esistenza. Gesù si assenterebbe da loro, e così sarebbero rimasti eternamente assenti da lui. E tu, qual è il tuo destino?


Nei prossimi 3 minuti Gesù si riferirà al giorno in cui sarebbe stato innalzato da quegli stessi giudei che nel momento presente gli parlavano.


Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

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