Nei tre Salmi degli ultimi tre messaggi abbiamo conosciuto il
vero Pastore, che è morto, è stato risuscitato e che tornerà. Gesù, in questo capitolo 10 del Vangelo di Giovanni, è il legittimo Pastore, il quale entra
per la porta nell’ovile.
I farisei che gli resistono
sono chiamati ladri e briganti. Il loro
intento è di tenere il gregge rinchiuso, sfruttandolo a proprio vantaggio.
Quando qualcuno decide di seguire Gesù,
come ha fatto il cieco dopo essere stato guarito, tale persona è espulsa
e perseguitata dai falsi pastori.
Contrariamente al
vero Pastore, il quale precede le sue
pecore che gli vanno dietro in modo spontaneo, i falsi pastori le fanno
avanzare a forza di spinte, come è consuetudine
per il bestiame. Le caricano di regole, “pesi difficili da portare”, che
loro stessi non sono in
grado di reggere (Luca 11:46).
Le
loro pecore non li seguono per gratitudine, dopo esser state salvate e liberate dai
loro peccati, ma per paura di essere punite, com’è successo ai genitori del cieco guarito. Non
sono attratte dalla voce del vero Pastore, anzi
sono imprigionate dal terrore delle minacce fatte da queste false guide.
Una pecora di Gesù sa che il suo Pastore non la condurrà
per una strada che lui stesso non abbia già percorso. La
sua sensazione non è di prigionia, però di libertà. Infatti, Gesù ci promette: “Se
uno entra per
me, sarà salvato; entrerà e uscirà, e troverà pastura... io
sono venuto affinché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza.” (Giovanni 10:9-10).
Inoltre, una pecora di Gesù non lo diventa perché lo segue.
Lei lo segue poiché è già una sua pecora, con una nuova
natura che ha ricevuto quando è
nata di nuovo (Giovanni 3:3-8). E Dio le dà la capacità di discernere la voce del
vero Pastore e di fuggire dal falso. Le pecore di Gesù “lo seguono perché conoscono la
sua voce. Ma un estraneo non lo seguiranno; anzi, fuggiranno
via da lui perché non conoscono la voce degli estranei.” (Giovanni 10:4-5).
La differenza tra Gesù e i falsi pastori è che lui, essendo ricco,
si è fatto povero per amore delle sue pecore (2 Corinzi 8:9). Ha dato tutto
per loro,
compresa la propria vita, senza chiedere nulla in cambio. Invece i falsi
pastori, essendo poveri, vogliono arricchirsi a spese delle pecore.
Pertanto, in questo capitolo,
sono chiamati mercenari.
Il vocabolario definisce il termine “mercenario” come qualcuno che opera al
solo fine del guadagno. Nella seconda
epistola di Timoteo, capitolo tre, incontriamo la condizione della
cristianità negli ultimi giorni, cioè oggi. Lì vediamo uomini amanti di
se stessi e avari, come lo
sono stati Ianne e Iambre, i maghi del faraone d’Egitto, i quali imitavano i miracoli che Dio compiva attraverso Mosè. L’avaro è ossessionato dal denaro.
Nei prossimi 3 minuti Gesù consegnerà qualcosa che nessuno potrebbe mai portargli
via. E lo farà di sua libera e spontanea volontà.