Facendo una retrospettiva degli eventi di questo capitolo, Gesù, il
vero Pastore, entra per la
porta nell’ovile, “chiama le sue pecore una
per una e le conduce fuori” (Giovanni 10:3). Esse sentono la
sua voce e lo seguono. Subito dopo lui stesso dice che il buon Pastore dà la
sua vita per le pecore.
Nel versetto 16 Gesù ci rivela: “Ho
anche altre pecore, che non sono di quest'ovile; anche quelle devo raccogliere ed
esse ascolteranno la mia voce, e vi sarà un
solo gregge, un solo pastore.”. Qui ci parla dei gentili che trarrebbero beneficio dalla
sua morte. Quindi, d’ora in poi, non
si tratterà più di un ovile, ma di un
solo gregge. Un ovile è costituito da recinzioni, muri e cancelli
per tenere insieme le pecore. Un gregge ha soltanto bisogno del Pastore.
La
morte di Gesù avrebbe cambiato tutto. L’ovile di Israele sarebbe stato messo da
parte e Dio stenderebbe la sua grazia
per salvare chiunque, giudeo o gentile. E qua perfino il
motivo dell’amore del Padre
per il Figlio ci è svelato: “Per questo
mi ama il
Padre, perché io depongo la mia vita per prenderla di nuovo.” (Giovanni 10:17).
Gesù, con la
sua morte, ha glorificato
Dio in tutti gli aspetti. Anche se nessuno fosse stato salvato, lui
l’avrebbe comunque glorificato essendo l’Agnello di Dio che toglie il
peccato del mondo, risolvendo la questione del
peccato che ha macchiato la creazione. Gesù però è pure il Salvatore
dei peccatori, poiché
salva individualmente tutti quelli che il
Padre gli dà, i quali crederanno in lui e nella sufficienza della
sua morte sostitutiva.
E a questo punto c’è ancora un’altra verità messa in luce, che pone fine a qualsiasi
speculazione di chi cerca d’individuare la
causa fisica della morte di Cristo. Alcuni vogliono dimostrare che è stata una
morte per asfissia, altri
per collasso dovuto alla flagellazione subita, oppure in conseguenza della lancia del soldato
romano, che tuttavia è stata conficcata in un
corpo già morto. Gesù stesso ci spiega la
causa della sua morte:
“Io
depongo la mia vita per prenderla di nuovo. Nessuno
me la toglie, ma la depongo da me stesso; io ho il potere di deporla e il potere di prenderla di nuovo; questo è il
comando che ho ricevuto dal Padre mio.”
(Giovanni 10:17-18).
Nessun essere umano ha il potere di deporre la propria vita. Potresti magari decidere
di morire per salvare un amico, ma ci sarebbe
sempre una causa esterna a provocare tale morte. Nemmeno un
suicida è capace di dare la sua vita: dovrà uccidere se stesso.
Quando Gesù dichiara “io depongo”,
usa il verbo alla prima persona singolare, indicandoci l’atto di morire e di consegnare il suo spirito senza una
causa esterna. Ha ricevuto questo potere
per compiere un ordine dato dal Padre.
Luca ci descrive come l’ha fatto, mentre
era sulla croce: “Gesù, gridando a gran voce, disse: ‘Padre, nelle tue mani rimetto
lo spirito mio.’ Detto questo, spirò.” (Luca 23:46).
Le affermazioni di Gesù risultavano così radicali che alcuni giudei dicevano che erano parole di un indemoniato.
Nei prossimi 3 minuti troveremo Gesù in un tipico scenario invernale.