#232 - Dalla gloria alla gloria - Filippesi 2:6-11

Per capire quello che ci dice il versetto 3, del capitolo 13 di Giovanni, cioè che Gesù “era venuto da Dio e a Dio se ne tornava”, considera ciò che ha scritto Paolo ai Filippesi: “Cristo Gesù, il quale, pur essendo in forma di Dio, non considerò l'essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente” (Filippesi 2:5-6). In un’altra traduzione si legge che “non reputò rapina l'essere uguale a Dio.”. E cosa mai significa?

Gesù è stato, è e sempre sarà Dio in ogni aspetto della sua Persona. Questo è il significato di “l’essere uguale”. È necessario, però, distinguere tra la persona e la posizione che occupa. Per salvarci, Gesù non ha considerato che la posizione che occupava nella gloria fosse qualcosa a cui non avrebbe potuto rinunciare. Così, l’ha lasciata, senza cessare di essere chi è sempre stato: il “vero Dio”, come troviamo nella prima epistola di Giovanni (1 Giovanni 5:20).

Arrivato a casa, ad esempio, un poliziotto si toglierà la divisa, spogliandosi della sua posizione ufficiale, tuttavia non perderà la sua natura umana. Venendo al mondo come uomo, Gesù si è spogliato della sua eccelsa posizione per assumere quella di un servo, ma senza perdere la sua natura divina.

Se avrai già letto il classico libro “Il principe e il povero”, potrai capire che il principe non ha mai smesso di essere chi era. Era solo “sceso” dalla sua situazione reale momentaneamente, quando ha deciso di scambiarsi gli abiti con un povero. Adottando le condizioni del povero, il principe ha anche dovuto sottomettersi alle autorità che prima erano sotto il suo comando.

Ed è per questo che Gesù afferma, nel capitolo 14 del Vangelo di Giovanni, che “il Padre è maggiore di me” (Giovanni 14:28), però nel capitolo 10:30 dichiara: “Io e il Padre siamo uno.”. Prendendo su di sé il ruolo di un semplice uomo, Gesù, il Figlio eterno, è rimasto per più di trent’anni in una posizione gerarchica inferiore al Padre, ma continuando ad essere Dio. Il Salvatore sarebbe potuto andare incontro alla morte al posto del peccatore, soltanto dopo aver acquisito tale forma umana.

Ecco perché il brano sopraccitato in Filippesi prosegue, mostrandoci che Gesù “svuotò se stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini; e, trovato esteriormente come un uomo, umiliò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce.” (Filippesi 2:7-8).

Si noti che colui che è uscito da Dio, ha dovuto scendere ben 7 “gradini”: (1) non è rimasto aggrappato alla sua posizione, (2) ha annichilito se stesso, (3) ha assunto la condizione di servo, (4) si è fatto alla somiglianza degli uomini, (5) ha abbassato se stesso, (6) è stato obbediente fino alla morte, e (7) alla morte di croce. Poi, ritornando alla sua posizione originaria nella gloria, adesso come Dio e Uomo, lo vediamo salire altri 7 “gradini”:

“(1) Dio lo ha sovranamente innalzato (2) e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni nome, affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio, (3) nei cieli, (4) sulla terra, e (5) sotto terra, e (6) ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore, (7) alla gloria di Dio Padre.” (Filippesi 2:9-11).

Nei prossimi 3 minuti vi parlerò un po’ di acqua.
Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

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