#278 - Un prigioniero perfetto - Giovanni 18:17-27

Un grande inganno diffuso addirittura tra i cristiani è che la salvezza possa essere ottenuta dall’imitazione di Cristo. Evidentemente il credente, che ha già avuto i suoi peccati perdonati mediante la fede in Gesù, grazie alla sua morte sulla croce, avrà in lui l’esempio di un uomo perfetto, dovendo senz’altro imitarlo. Questo, però, succederà soltanto dopo essere nato di nuovo ed avere la certezza della sua salvezza.


Paolo, nella sua lettera agli Efesini, li incoraggia ad essere “imitatori di Dio, come figli amati (Efesini 5:1), e poi continua, parlando delle virtù che devono accompagnare la vita cristiana. Ed ecco come esorta i cristiani in 1 Corinzi: “Siate miei imitatori, come anch'io lo sono di Cristo (1 Corinzi 11:1). Sì, l’apostolo li invita a seguire il suo stesso esempio, indicandoci che è salutare prendere a modello coloro che camminano nella fede in Gesù. Ma ciò è solo un complemento alla vita cristiana, e non il mezzo con cui si riceve la salvezza, la quale può essere conseguita unicamente attraverso la fede in Cristo.


Se cerchi di imitarlo per riuscire ad avere la salvezza, dovrai iniziare dall’essere senza peccato, perché il Salvatore è venuto al mondo senza peccato. Il problema è che tu ed io siamo già nati con una natura corrotta, che ci ha resi peccatori fin dal nostro concepimento. Perciò è impossibile che tu diventi puro e senza peccato tramite l’imitazione. Ossia: per quanto un cane voglia somigliare a un gatto, il massimo che potrà fare sarà abbaiare “miao”. Comunque rimarrà sempre un cane nella sua essenza, per natura.


Adesso confronta questo giudizio di Gesù con quello di Paolo in Atti degli Apostoli. Qui il Signore viene schiaffeggiato da una delle guardie del sommo sacerdote, che subito afferma: “Così rispondi al sommo sacerdote?”. Ma Gesù gli replica: “Se ho parlato male, mostra dov'è il male; ma se ho parlato bene, perché mi percuoti? (Giovanni 18:22-23). La sua risposta è perfetta e smonta tutti gli argomenti dei suoi giudici.


Paolo in una situazione simile, però guidato dalla propria carne e non dallo Spirito, reagisce anche lui, dichiarando: “Dio percuoterà te, muro imbiancato. Tu siedi per giudicarmi secondo la legge e, violando la legge, ordini che io sia percosso?” E gli fanno la stessa domanda: “Insulti tu il sommo sacerdote di Dio?”. Tuttavia, nel suo caso, sarà costretto a ritrattarsi: “Non sapevo, fratelli, che egli fosse sommo sacerdote, perché sta scritto: “Tu non dirai male del principe del tuo popolo. (Atti 23:2-5).


Gesù, Dio e uomo perfetto, non ha mai avuto bisogno di ritrattarsi poiché in nessun momento è stato mosso da un’altra natura diversa dalla sua, divina e perfetta. Paolo, anche se nato di nuovo e possedendo la nuova natura e lo Spirito Santo che dimorava in lui, era stato obbligato a scusarsi giacché aveva lasciato che la sua carne prendesse il controllo della situazione. Così siamo noi, nei nostri atteggiamenti e nelle nostre parole, quando paragonati al Signore.


Nei prossimi 3 minuti Gesù viene mandato da Pilato, affinché sia giudicato dal potere civile.


Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#277 - In compagnia degli schernitori - Giovanni 18:17-27

Mentre gli uomini cospirano affinché Gesù sia consegnato a morte, la carne di Pietro cospira contro di lui. Grazie all’intervento di Giovanni, è ammesso nel cortile interno della casa del sommo sacerdote, tuttavia ben presto vi si avvicina ai servi e alle guardie, cioè a quelli che poco prima avevano contribuito ad arrestare Gesù, per scaldarsi attorno al loro stesso fuoco.


Stando lì, Pietro viene subito riconosciuto da una giovane portinaia, che gli dice: “Non sei anche tu dei discepoli di quest'uomo?”. Ed egli lo nega, per paura della donna. Poi tocca a chi sta con lui presso il braciere chiedergli: “Non sei anche tu dei suoi discepoli?”. Ma Pietro lo nega ancora. Infine, viene pure identificato dal parente di colui a cui aveva reciso l’orecchio: “Non ti ho io visto nell'orto con lui?(Giovanni 18:17, 25 e 27). E Pietro di nuovo lo nega, adesso già per la terza volta, e in quel momento il gallo canta.


Il Vangelo di Luca ci dà maggiori dettagli su ciò che è successo dopo il canto del gallo: “E il Signore, voltatosi, guardò Pietro. E Pietro si ricordò della parola che il Signore gli aveva detto: ‘Prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte’. Allora Pietro uscì fuori e pianse amaramente. (Luca 22:61-62). Sì, anche in procinto di morire, Gesù si è preoccupato per il suo discepolo. Lo sapeva dapprima che Pietro avrebbe fallito, per questo aveva già pregato per lui. Ora è con uno sguardo, e non con un rimprovero, che il Signore riesce a turbare il cuore codardo del “coraggioso” apostolo. Colui che si era detto disposto ad affrontare la morte per Gesù, non ha avuto nemmeno il coraggio di esporsi dinanzi alla semplice domanda di una serva.


Se Pietro vivesse oggigiorno, sarebbe un assiduo consumatore di libri di autoaiuto, o frequentatore di detti gruppi, in cui appaiono messaggi quali: “Abbi fiducia in te stesso!”, o “Scopri il potere che c’è in te!”, oppure “Segui il tuo cuore!”. Nonostante queste parole possano sembrare carine ed allettanti, non sono altro che porre la fiducia nella carne. Poc'anzi Gesù aveva fatto capire ai discepoli che, per quanto il loro spirito fosse pronto, “la carne è debole” (Matteo 26:41). Il fidarsi della carne e dei sensi ci lascia vulnerabili al peccato. Già, e Pietro ci risponderebbe: non dirlo a me…


Dovresti sempre diffidare della tua capacità naturale quando è posta al servizio del Signore solo per volontà propria. Geremia ha scritto: “Maledetto l'uomo che confida nell'uomo” (Geremia 17:5), includendo la fiducia in sé stessi. Il temperamento di Pietro poteva essere utile soltanto se controllato dallo Spirito di Dio, come in Atti 4:13, quando Anna e Caiafa testimonieranno la franchezza e il coraggio dell’apostolo mentre annunziava Gesù, anche a rischio di morire per questo.


Nel primo Salmo troviamo: “Beato l'uomo che non cammina nel consiglio degli empi, non si ferma nella via dei peccatori e non si siede in compagnia degli schernitori (Salmo 1:1). Assieme alle inique guardie, alla ricerca di ciò che le riscaldava, Pietro nega Gesù. Ogni volta che cercherai conforto presso gli empi, la tua testimonianza si indebolirà e finirai per essere una negazione di quanto dovresti essere in questo mondo: qualcuno che rende testimonianza per Gesù.


Nei prossimi 3 minuti Gesù viene interrogato.


Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#276 - Temperamenti - Giovanni 18:15-16

Si inizia il processo di Gesù. Due discepoli lo seguono nell’incertezza di quel che accadrà. Uno di loro è Pietro, e forse l’altro sarà Giovanni, l’autore del vangelo. Quest’ultimo era noto al sommo sacerdote, poiché entra nel suo cortile con Gesù, uscendone poi soltanto per andare a prendere Pietro, che non ce l’aveva fatta a entrare.


Ognuno di noi nasce con uno specifico tipo di temperamento che fa parte della nostra identità. Giovanni sembra essere un uomo docile e affabile, che ama e riesce ad essere prontamente amato. Pietro, invece, è impulsivo e diretto. Sono caratteristiche umane che possono essere sotto il controllo dello Spirito oppure dei sensi, a volte chiamati “carne” nella Bibbia (Galati 5:17). Come tu ed io, Pietro e Giovanni erano peccatori per natura, e tutto in essi, incluso il loro temperamento, era stato corrotto dal peccato.


Giovanni, dal carattere mite, è più diplomatico e capace di conquistare amicizie, consentendogli una maggiore libera circolazione, come appunto in casa del sommo sacerdote. Infatti, persone accessibili hanno un più ampio accesso dovunque. Al contrario, Pietro è all’estremo opposto. È un soggetto che s’impazientisce facilmente, utilissimo per comandare un battaglione, per lavorare come caposquadra o per essere il primo a gettarsi nel mare per incontrare il Signore (Giovanni 21:7). Tuttavia, è improbabile che ottenga un lavoro nelle pubbliche relazioni. Pietro e Giovanni sono sempre stati così, e queste particolarità li rendono individui, ciascuno con le proprie generalità. Allora, il problema non è il loro temperamento, però ciò che lo controlla.


Gli esseri umani attraversano diverse fasi - infanzia, adolescenza ed età adulta - senza perdere la propria identità. In qualsiasi periodo ogni persona pensa e agisce in modo differente ma è sempre lo stesso essere umano, e non perderà mai questa sua essenza. Dopo aver creato l’uomo, “Dio vide tutto ciò che aveva fatto, ed ecco, era molto buono.” (Genesi 1:31). Se così non fosse, Gesù non sarebbe venuto in un corpo umano. Eppure, a differenza di Gesù, tutti noi abbiamo una natura peccaminosa che ci incita a peccare. Però sei tu, come un essere responsabile, che pecchi quando ti lasci influenzare da essa, e ne dovrai rendere conto.


Il fatto è che, se non ti sei ancora convertito a Gesù, hai unicamente la carne per gestirti, potendo essere governato solo da essa e dai pensieri, tale quale un burattino di Satana. Colui che è nato da Dio per fede in Gesù, oltre a questa stessa natura vecchia e decaduta ne ha anche un’altra, santa e perfetta che proviene da Dio. Quando lasci la vecchia carne in carica, pecchi. Quando ti lasci condurre dallo Spirito Santo, agisci secondo la volontà di Dio.


Il lasciarsi guidare dai sensi è stato il problema di Eva nell’Eden: “l'albero era buono da mangiare”, “era piacevole agli occhi” e “desiderabile per rendere uno intelligente (Genesi 3:6). C’era l’appello sensoriale al corpo, all’anima e allo spirito, e lei ha ceduto. Quando ci si arrende a quanto è sensoriale, pecchiamo. Nella lettera dell’apostolo Giuda troviamo la caratteristica degli uomini empi: sono “sensuali” (versetto 18 e 19). Come animali irrazionali, sono diretti dai sensi, e non dallo Spirito di Dio (2 Pietro 2:12).


Nei prossimi 3 minuti il temperamento intrepido di Pietro viene messo alla prova.


Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#275 - Il Giudice giudicato - Giovanni 18:12-14

Nonostante Gesù predicasse pubblicamente, le autorità non sono mai riuscite ad arrestarlo. Le occasioni non sono mancate, come in questo stesso vangelo di Giovanni, nei capitoli 8 e 10, quando i giudei cercano di lapidarlo, però senza successo, “perché non era ancora venuta la sua ora” (Giovanni 8:20). La morte di Gesù era nei piani eterni di Dio; quindi, sarebbe potuta avvenire solo quando Dio così lo determinasse.


Ora il Signore si lascia legare dalle guardie, che lo conducono da Anna, il quale anteriormente aveva ricoperto la carica di sommo sacerdote. Anzitutto Gesù dovrà essere giudicato dalle autorità religiose, e soltanto dopo verrà consegnato all’autorità civile. Poiché erano sotto il dominio romano, i giudei non avevano il potere di condannare qualcuno a morte.


Tale dettaglio è interessante perché, secoli prima, era stato profetizzato che il Messia d’Israele sarebbe stato crocifisso secondo l’usanza romana, e non lapidato, che era il tipo di esecuzione imposta dalla legge giudaica. Pertanto, era necessario che la nazione d’Israele fosse nella condizione in cui si trovava qui, soggetta a un invasore gentile, cioè non ebreo, affinché si adempissero le profezie sulla morte del Salvatore.


Ecco cosa leggiamo nel Salmo 22: “Mi hanno forato le mani e i piedi(Salmo 22:16), ossia me le hanno trapassate, attraversate. Ed anche il profeta Zaccaria l’aveva predetto: “Ed essi guarderanno a me, a colui che hanno trafitto (Zaccaria 12:10). In ugual modo Isaia, aggiungendoci il motivo della sua morte: “Ma egli è stato trafitto per le nostre trasgressioni (Isaia 53:5).


Nella sua lettera ai Galati, capitolo 3:13, l’apostolo Paolo fa riferimento alla seguente citazione del capitolo 21 di Deuteronomio: “È maledetto da Dio chi è appeso ad un legno (Deuteronomio 21:23). Come, però, potrebbe Gesù sulla croce essere maledetto da Dio? Giacché proprio lì è stato fatto peccato per noi. Dio non poteva avere alcun legame con il peccato, allora non solo l’ha abbandonato “appiccato al legno”, ma l’ha considerato pure maledetto, gettando su di lui il fuoco del giudizio contro il peccato.


Ciò che Gesù ha sofferto per mano degli uomini non è dissimile dalle torture che molti prigionieri hanno già ricevuto nel corso della storia. Tuttavia, quanto ha subito per mano di Dio è ineguagliabile: è la somma di tutte le paure che atterriscono ogni peccatore che dovrà presentarsi davanti a Dio con i suoi peccati per ricevere il giudizio. In Gesù questo terrore, sofferenza e dolore sono stati moltiplicati dal peccato del mondo e dal peccato di coloro che sarebbero salvati dal Signore, elevati all’ennesima potenza dell’eternità.


I “giudici” Anna, Caiafa e Pilato non avrebbero potuto nemmeno lontanamente immaginare che Gesù stesse per essere giudicato con ancora maggior rigore e severità da Dio stesso. E neanche potevano presumere che quel “reo”, così debole e umile, in futuro tornerà in questo mondo ma come Giudice per giudicarli, e tutti quelli che non avranno i loro peccati pagati da Gesù sulla croce.


Nei prossimi 3 minuti saranno svelati i temperamenti di Pietro e di Giovanni.


Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#274 - Tradimento e valentia - Giovanni 18:2-11

Giuda, il traditore, conosceva il luogo dove Gesù si trovava perciò, “preso un gruppo di soldati e le guardie mandate dai capi dei sacerdoti e dai farisei, venne là con lanterne, torce e armi. (Giovanni 18:3). La luce del mondo era presente tra loro, eppure tali uomini hanno avuto bisogno di lanterne e di torce per trovarla. Gli altri tre vangeli citeranno pure che Giuda dovrà baciare Gesù per così identificarlo alle guardie nella notte oscura.


Il Signore si fa avanti e va loro incontro: è pronto per essere arrestato e condotto alla morte. Prima, però, i soldati avranno una piccola dimostrazione di chi sia colui che intendono imprigionare. “Chi cercate?”, gli chiede Gesù. “Gesù il Nazareno”, gli rispondono (Giovanni 18:4-6).


In seguito, la dichiarazione data da Gesù ci riporterà all’incontro di Mosè con Dio, nel capitolo 3 del libro dell’Esodo. Quando gli ha domandato il suo nome, Mosè ha ascoltato queste parole: “IO SONO COLUI CHE SONO. Poi [Dio] disse: Dirai così ai figli d'Israele: L’IO SONO mi ha mandato da voi. (Esodo 3:14). La stessa espressione - “IO SONO” - esce ora dalla bocca di Gesù, e tanto basterà perché i soldati indietreggino e cadano a terra. Sì, lì c’era il Creatore, il Signore dell’universo, l’IO SONO, e le guardie non potevano sopportare nemmeno una piccola scintilla della sua gloria. Questo è Gesù e Geova.


Prontamente Gesù intercede per i suoi discepoli. Siccome stavano cercando solo lui, gli altri dovevano essere lasciati liberi. Nessuno di loro subirebbe dei danni, neanche Pietro, il quale nella sua impetuosità aveva estratto la spada, recidendo l’orecchio destro del servo del sommo sacerdote. E Gesù lo rimprovera: “Riponi la tua spada nel fodero; non berrò io il calice che il Padre mi ha dato? (Giovanni 18:11). Nel Vangelo di Luca ci è rivelato che il Signore, senza indugio, ha guarito l’orecchio di quel ragazzo.


In Efesini 6 la Parola di Dio è chiamata “la spada dello Spirito”, e in Ebrei 4 “spada a due tagli”; pertanto, la riprensione di Gesù ha perfettamente senso. Non dovremmo mai servirci della spada della Parola di Dio per rendere le persone sorde alla stessa Parola. Ma quando, infatti, tagliamo loro l’orecchio? Nel momento in cui si userà la Bibbia per attaccarle, facendole diventare indurite e contrarie alla verità.


Ti sei mai ritrovato a mitragliare qualcuno di versetti biblici, più per difendere la tua posizione che per il desiderio di esporgli la salvezza in Gesù? Persone insicure utilizzano la Parola di Dio come un modo per marcare territorio. Quando brandiamo la spada della Parola in maniera aggressiva o l’adoperiamo solo per creare in noi un’aura di pietà, in verità stiamo cercando di compensare la nostra propria mancanza di comunione con Dio.


Qui l’audacia di Pietro ha soltanto confermato la sua insicurezza. Ore dopo, appunto, avrebbe rinnegato Gesù. D’altra parte, il pio bacio di Giuda nascondeva il tradimento del figlio del diavolo, ossia quello che lui veramente era. E tu, di solito, come usi la Parola di Dio? Per ferire l’orecchio altrui o per guarire i sordi? Per mostrarti pietoso o per indicare il Salvatore?


Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#273 - Drago in veste d’agnello - Giovanni 18:1

Nell’Antico Testamento Davide è una figura di Gesù, il re tradito e disprezzato che il profeta Isaia descriveva così: “Non aveva figura né bellezza da attirare i nostri sguardi, né apparenza da farcelo desiderare. (Isaia 53:2). A sua volta, Absalom, il figlio di Davide, lodato per la sua bellezza, è una figura dell’Anticristo, l’usurpatore del trono e il rappresentante visibile del principe di questo mondo: Satana.


Tuttavia, quando Gesù tornerà per regnare, non verrà più in qualità di servo “mansueto ed umile” (Matteo 11:29), però come un re potente e implacabile verso i suoi nemici. Coloro che oggi credono in questo Gesù, disprezzato ed esiliato in cielo, ricevono la salvezza. Al contrario, quelli che lo rifiutano, saranno portati a credere nell’Anticristo, colui che Giovanni descrive come la “bestia, che saliva dalla terra, ed aveva due corna simili a quelle di un agnello, ma parlava come un dragone. (Apocalisse 13:11).


Così come aveva fatto Absalom, il cui nome significa “padre della pace”, l’Anticristo verrà travestito d’agnello per nascondere la sua vera natura di drago ereditata da Satana. L’apostolo Giovanni aveva già predetto che molti “anticristi” sarebbero sorti prima dell’ultimo Anticristo, e che alcune loro caratteristiche li avrebbero denunciati. Una tra queste sarebbe il fatto che negano che Gesù sia venuto nella carne, cioè che Dio abbia preso la forma umana; un’altra ancora sarebbe la loro capacità di compiere segni e miracoli.


Se corri dietro ad ogni sorta di manifestazioni e prodigi, devi sapere che saranno appunto tali tipi di persone le vittime dell’Anticristo. Paolo ci rivela che “la venuta di quell'empio avverrà per l'azione di Satana, accompagnata da ogni sorta di portenti, di segni e di prodigi bugiardi, e da ogni inganno di malvagità per quelli che periscono, perché hanno rifiutato di amare la verità per essere salvati.(2 Tessalonicesi 2:9-10).


Quando Dio aveva dato l’ordine al Faraone di liberare gli israeliti dalla schiavitù in Egitto, il sovrano gli si è opposto. E invece di rendere libero il popolo di Dio, l’ha sottoposto a un maggior carico di lavoro. Nei capitoli 7 e 8 del libro dell’Esodo, per ben cinque volte il Faraone ha reso ostinato il proprio cuore. Poi, nel capitolo 9, c’è scritto che “l'Eterno indurì il cuore del Faraone (Esodo 9:12). L’uomo che si rifiuta con tenacia di dare ascolto alla Parola di Dio, arriverà a un punto senza ritorno, quando allora l’indurimento del suo cuore proverrà da Dio.


Sì, sarà ciò che accadrà dopo il rapimento della Chiesa. Per coloro che avevano anteriormente ascoltato il vangelo e sono rimasti indietro, “Dio manderà loro efficacia di errore, perché credano alla menzogna, affinché siano giudicati tutti quelli che non hanno creduto alla verità (2 Tessalonicesi 2:11-12). E quanto tempo manca perché questo avvenga? La Bibbia ci risponde: “Un batter d’occhio” (1 Corinzi 15:52). Pertanto, proprio adesso è l’ora di credere in Gesù (2 Corinzi 6:1-2).


Nei prossimi 3 minuti Giuda, un’altra figura dell’Anticristo, condurrà i soldati da Gesù.


Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#272 – Un padre negligente - Giovanni 18:1

Mille anni prima della scena del capitolo 18 del Vangelo di Giovanni, un altro uomo aveva già intrapreso questa stessa strada che Gesù percorre qui. Il re Davide, dopo che suo figlio Absalom gli aveva usurpato il trono, ha anche lui attraversato il torrente Cedron mentre scappava da Gerusalemme, dato che era stato un padre omissivo. Ora Gesù va oltre il medesimo ruscello, ma poiché era un Figlio sottomesso.

Comunque, chi era Absalom? La storia del terzo figlio di Davide, e la sua tragica fine, la trovi nei capitoli da 13 a 20 di 2 Samuele. Il suo nome significa “padre della pace”, cioè colui che sicuramente il re avrebbe voluto che fosse, giacché Davide adottava un metodo “pacifico” per allevare i propri figli. Absalom era stato trattato dal padre allo stesso modo del fratello Adonia, il quarto figlio di Davide; e di lui si diceva che “suo padre non gli aveva mai fatto un rimprovero in vita sua, dicendogli: «Perché fai così?»” (1 Re 1:6).

Absalom era figlio di una delle mogli pagane di Davide, un’unione contraria alla volontà di Dio. Nel suo piano originale, Dio avrebbe voluto che ogni uomo avesse soltanto una sposa, e che tale donna adorasse il solo vero Dio. Tuttavia, niente di tutto ciò è stato preso sul serio da Davide, che coccolava il più bello dei suoi figli: “Or in tutto Israele non vi era uomo che fosse lodato per la sua bellezza come Absalom; dalla pianta dei piedi alla cima del capo non vi era in lui difetto alcuno.” (2 Samuele 14:25).

Essendo nato da un matrimonio non autorizzato da Dio, cresciuto in mezzo all’idolatria della madre, ammirato grazie al suo aspetto, e avendo ricevuto dal padre un’educazione silente, non è mai stato contraddetto, rimproverato o punito: questo era Absalom. Possiamo persino dire che gli educatori moderni devono molto a Davide, a causa di questo suo approccio educativo con i figli. Tale è la via dell’uomo, contraria alla via di Dio, descrittaci nell’epistola agli Ebrei 12:

“Il Signore corregge chi ama e flagella ogni figlio che gradisce… Ma se rimanete senza correzione, di cui tutti hanno avuta la parte loro, allora siete dei bastardi e non dei figli. Inoltre, ben abbiamo avuto per correttori i nostri padri secondo la carne e li abbiamo rispettati… Egli ci corregge per il nostro bene affinché siamo partecipi della sua santità. Ogni correzione infatti, sul momento, non sembra essere motivo di gioia, ma di tristezza; dopo però rende un pacifico frutto di giustizia a quelli che sono stati esercitati per mezzo suo.” (Ebrei 12:6-11).

Contrariamente all’idea che ogni bambino nasce buono ed è poi corrotto dall’ambiente, la Bibbia ci insegna che veniamo al mondo già peccatori. Ecco cosa ci mostra il libro dei Proverbi: “La follia è legata al cuore del fanciullo, ma la verga della correzione l’allontanerà da lui. La verga e la riprensione danno sapienza, ma il fanciullo lasciato a se stesso fa vergogna a sua madre. Correggi tuo figlio, egli ti darà conforto e procurerà delizie all'anima tua. Non risparmiare la correzione al fanciullo; anche se lo batti con la verga, non morrà; lo batterai con la verga, ma libererai l'anima sua dallo Sceol.” (Proverbi 22:15; 29:15 e 17; 23:13-14). Davide non ha agito così, perciò non gli è rimasto che piangere la perdita del figlio.

Nei prossimi 3 minuti vedremo un drago travestito da agnello.

Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

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