#275 - Il Giudice giudicato - Giovanni 18:12-14

Nonostante Gesù predicasse pubblicamente, le autorità non sono mai riuscite ad arrestarlo. Le occasioni non sono mancate, come in questo stesso vangelo di Giovanni, nei capitoli 8 e 10, quando i giudei cercano di lapidarlo, però senza successo, “perché non era ancora venuta la sua ora” (Giovanni 8:20). La morte di Gesù era nei piani eterni di Dio; quindi, sarebbe potuta avvenire solo quando Dio così lo determinasse.


Ora il Signore si lascia legare dalle guardie, che lo conducono da Anna, il quale anteriormente aveva ricoperto la carica di sommo sacerdote. Anzitutto Gesù dovrà essere giudicato dalle autorità religiose, e soltanto dopo verrà consegnato all’autorità civile. Poiché erano sotto il dominio romano, i giudei non avevano il potere di condannare qualcuno a morte.


Tale dettaglio è interessante perché, secoli prima, era stato profetizzato che il Messia d’Israele sarebbe stato crocifisso secondo l’usanza romana, e non lapidato, che era il tipo di esecuzione imposta dalla legge giudaica. Pertanto, era necessario che la nazione d’Israele fosse nella condizione in cui si trovava qui, soggetta a un invasore gentile, cioè non ebreo, affinché si adempissero le profezie sulla morte del Salvatore.


Ecco cosa leggiamo nel Salmo 22: “Mi hanno forato le mani e i piedi(Salmo 22:16), ossia me le hanno trapassate, attraversate. Ed anche il profeta Zaccaria l’aveva predetto: “Ed essi guarderanno a me, a colui che hanno trafitto (Zaccaria 12:10). In ugual modo Isaia, aggiungendoci il motivo della sua morte: “Ma egli è stato trafitto per le nostre trasgressioni (Isaia 53:5).


Nella sua lettera ai Galati, capitolo 3:13, l’apostolo Paolo fa riferimento alla seguente citazione del capitolo 21 di Deuteronomio: “È maledetto da Dio chi è appeso ad un legno (Deuteronomio 21:23). Come, però, potrebbe Gesù sulla croce essere maledetto da Dio? Giacché proprio lì è stato fatto peccato per noi. Dio non poteva avere alcun legame con il peccato, allora non solo l’ha abbandonato “appiccato al legno”, ma l’ha considerato pure maledetto, gettando su di lui il fuoco del giudizio contro il peccato.


Ciò che Gesù ha sofferto per mano degli uomini non è dissimile dalle torture che molti prigionieri hanno già ricevuto nel corso della storia. Tuttavia, quanto ha subito per mano di Dio è ineguagliabile: è la somma di tutte le paure che atterriscono ogni peccatore che dovrà presentarsi davanti a Dio con i suoi peccati per ricevere il giudizio. In Gesù questo terrore, sofferenza e dolore sono stati moltiplicati dal peccato del mondo e dal peccato di coloro che sarebbero salvati dal Signore, elevati all’ennesima potenza dell’eternità.


I “giudici” Anna, Caiafa e Pilato non avrebbero potuto nemmeno lontanamente immaginare che Gesù stesse per essere giudicato con ancora maggior rigore e severità da Dio stesso. E neanche potevano presumere che quel “reo”, così debole e umile, in futuro tornerà in questo mondo ma come Giudice per giudicarli, e tutti quelli che non avranno i loro peccati pagati da Gesù sulla croce.


Nei prossimi 3 minuti saranno svelati i temperamenti di Pietro e di Giovanni.


Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#274 - Tradimento e valentia - Giovanni 18:2-11

Giuda, il traditore, conosceva il luogo dove Gesù si trovava perciò, “preso un gruppo di soldati e le guardie mandate dai capi dei sacerdoti e dai farisei, venne là con lanterne, torce e armi. (Giovanni 18:3). La luce del mondo era presente tra loro, eppure tali uomini hanno avuto bisogno di lanterne e di torce per trovarla. Gli altri tre vangeli citeranno pure che Giuda dovrà baciare Gesù per così identificarlo alle guardie nella notte oscura.


Il Signore si fa avanti e va loro incontro: è pronto per essere arrestato e condotto alla morte. Prima, però, i soldati avranno una piccola dimostrazione di chi sia colui che intendono imprigionare. “Chi cercate?”, gli chiede Gesù. “Gesù il Nazareno”, gli rispondono (Giovanni 18:4-6).


In seguito, la dichiarazione data da Gesù ci riporterà all’incontro di Mosè con Dio, nel capitolo 3 del libro dell’Esodo. Quando gli ha domandato il suo nome, Mosè ha ascoltato queste parole: “IO SONO COLUI CHE SONO. Poi [Dio] disse: Dirai così ai figli d'Israele: L’IO SONO mi ha mandato da voi. (Esodo 3:14). La stessa espressione - “IO SONO” - esce ora dalla bocca di Gesù, e tanto basterà perché i soldati indietreggino e cadano a terra. Sì, lì c’era il Creatore, il Signore dell’universo, l’IO SONO, e le guardie non potevano sopportare nemmeno una piccola scintilla della sua gloria. Questo è Gesù e Geova.


Prontamente Gesù intercede per i suoi discepoli. Siccome stavano cercando solo lui, gli altri dovevano essere lasciati liberi. Nessuno di loro subirebbe dei danni, neanche Pietro, il quale nella sua impetuosità aveva estratto la spada, recidendo l’orecchio destro del servo del sommo sacerdote. E Gesù lo rimprovera: “Riponi la tua spada nel fodero; non berrò io il calice che il Padre mi ha dato? (Giovanni 18:11). Nel Vangelo di Luca ci è rivelato che il Signore, senza indugio, ha guarito l’orecchio di quel ragazzo.


In Efesini 6 la Parola di Dio è chiamata “la spada dello Spirito”, e in Ebrei 4 “spada a due tagli”; pertanto, la riprensione di Gesù ha perfettamente senso. Non dovremmo mai servirci della spada della Parola di Dio per rendere le persone sorde alla stessa Parola. Ma quando, infatti, tagliamo loro l’orecchio? Nel momento in cui si userà la Bibbia per attaccarle, facendole diventare indurite e contrarie alla verità.


Ti sei mai ritrovato a mitragliare qualcuno di versetti biblici, più per difendere la tua posizione che per il desiderio di esporgli la salvezza in Gesù? Persone insicure utilizzano la Parola di Dio come un modo per marcare territorio. Quando brandiamo la spada della Parola in maniera aggressiva o l’adoperiamo solo per creare in noi un’aura di pietà, in verità stiamo cercando di compensare la nostra propria mancanza di comunione con Dio.


Qui l’audacia di Pietro ha soltanto confermato la sua insicurezza. Ore dopo, appunto, avrebbe rinnegato Gesù. D’altra parte, il pio bacio di Giuda nascondeva il tradimento del figlio del diavolo, ossia quello che lui veramente era. E tu, di solito, come usi la Parola di Dio? Per ferire l’orecchio altrui o per guarire i sordi? Per mostrarti pietoso o per indicare il Salvatore?


Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#273 - Drago in veste d’agnello - Giovanni 18:1

Nell’Antico Testamento Davide è una figura di Gesù, il re tradito e disprezzato che il profeta Isaia descriveva così: “Non aveva figura né bellezza da attirare i nostri sguardi, né apparenza da farcelo desiderare. (Isaia 53:2). A sua volta, Absalom, il figlio di Davide, lodato per la sua bellezza, è una figura dell’Anticristo, l’usurpatore del trono e il rappresentante visibile del principe di questo mondo: Satana.


Tuttavia, quando Gesù tornerà per regnare, non verrà più in qualità di servo “mansueto ed umile” (Matteo 11:29), però come un re potente e implacabile verso i suoi nemici. Coloro che oggi credono in questo Gesù, disprezzato ed esiliato in cielo, ricevono la salvezza. Al contrario, quelli che lo rifiutano, saranno portati a credere nell’Anticristo, colui che Giovanni descrive come la “bestia, che saliva dalla terra, ed aveva due corna simili a quelle di un agnello, ma parlava come un dragone. (Apocalisse 13:11).


Così come aveva fatto Absalom, il cui nome significa “padre della pace”, l’Anticristo verrà travestito d’agnello per nascondere la sua vera natura di drago ereditata da Satana. L’apostolo Giovanni aveva già predetto che molti “anticristi” sarebbero sorti prima dell’ultimo Anticristo, e che alcune loro caratteristiche li avrebbero denunciati. Una tra queste sarebbe il fatto che negano che Gesù sia venuto nella carne, cioè che Dio abbia preso la forma umana; un’altra ancora sarebbe la loro capacità di compiere segni e miracoli.


Se corri dietro ad ogni sorta di manifestazioni e prodigi, devi sapere che saranno appunto tali tipi di persone le vittime dell’Anticristo. Paolo ci rivela che “la venuta di quell'empio avverrà per l'azione di Satana, accompagnata da ogni sorta di portenti, di segni e di prodigi bugiardi, e da ogni inganno di malvagità per quelli che periscono, perché hanno rifiutato di amare la verità per essere salvati.(2 Tessalonicesi 2:9-10).


Quando Dio aveva dato l’ordine al Faraone di liberare gli israeliti dalla schiavitù in Egitto, il sovrano gli si è opposto. E invece di rendere libero il popolo di Dio, l’ha sottoposto a un maggior carico di lavoro. Nei capitoli 7 e 8 del libro dell’Esodo, per ben cinque volte il Faraone ha reso ostinato il proprio cuore. Poi, nel capitolo 9, c’è scritto che “l'Eterno indurì il cuore del Faraone (Esodo 9:12). L’uomo che si rifiuta con tenacia di dare ascolto alla Parola di Dio, arriverà a un punto senza ritorno, quando allora l’indurimento del suo cuore proverrà da Dio.


Sì, sarà ciò che accadrà dopo il rapimento della Chiesa. Per coloro che avevano anteriormente ascoltato il vangelo e sono rimasti indietro, “Dio manderà loro efficacia di errore, perché credano alla menzogna, affinché siano giudicati tutti quelli che non hanno creduto alla verità (2 Tessalonicesi 2:11-12). E quanto tempo manca perché questo avvenga? La Bibbia ci risponde: “Un batter d’occhio” (1 Corinzi 15:52). Pertanto, proprio adesso è l’ora di credere in Gesù (2 Corinzi 6:1-2).


Nei prossimi 3 minuti Giuda, un’altra figura dell’Anticristo, condurrà i soldati da Gesù.


Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#272 – Un padre negligente - Giovanni 18:1

Mille anni prima della scena del capitolo 18 del Vangelo di Giovanni, un altro uomo aveva già intrapreso questa stessa strada che Gesù percorre qui. Il re Davide, dopo che suo figlio Absalom gli aveva usurpato il trono, ha anche lui attraversato il torrente Cedron mentre scappava da Gerusalemme, dato che era stato un padre omissivo. Ora Gesù va oltre il medesimo ruscello, ma poiché era un Figlio sottomesso.

Comunque, chi era Absalom? La storia del terzo figlio di Davide, e la sua tragica fine, la trovi nei capitoli da 13 a 20 di 2 Samuele. Il suo nome significa “padre della pace”, cioè colui che sicuramente il re avrebbe voluto che fosse, giacché Davide adottava un metodo “pacifico” per allevare i propri figli. Absalom era stato trattato dal padre allo stesso modo del fratello Adonia, il quarto figlio di Davide; e di lui si diceva che “suo padre non gli aveva mai fatto un rimprovero in vita sua, dicendogli: «Perché fai così?»” (1 Re 1:6).

Absalom era figlio di una delle mogli pagane di Davide, un’unione contraria alla volontà di Dio. Nel suo piano originale, Dio avrebbe voluto che ogni uomo avesse soltanto una sposa, e che tale donna adorasse il solo vero Dio. Tuttavia, niente di tutto ciò è stato preso sul serio da Davide, che coccolava il più bello dei suoi figli: “Or in tutto Israele non vi era uomo che fosse lodato per la sua bellezza come Absalom; dalla pianta dei piedi alla cima del capo non vi era in lui difetto alcuno.” (2 Samuele 14:25).

Essendo nato da un matrimonio non autorizzato da Dio, cresciuto in mezzo all’idolatria della madre, ammirato grazie al suo aspetto, e avendo ricevuto dal padre un’educazione silente, non è mai stato contraddetto, rimproverato o punito: questo era Absalom. Possiamo persino dire che gli educatori moderni devono molto a Davide, a causa di questo suo approccio educativo con i figli. Tale è la via dell’uomo, contraria alla via di Dio, descrittaci nell’epistola agli Ebrei 12:

“Il Signore corregge chi ama e flagella ogni figlio che gradisce… Ma se rimanete senza correzione, di cui tutti hanno avuta la parte loro, allora siete dei bastardi e non dei figli. Inoltre, ben abbiamo avuto per correttori i nostri padri secondo la carne e li abbiamo rispettati… Egli ci corregge per il nostro bene affinché siamo partecipi della sua santità. Ogni correzione infatti, sul momento, non sembra essere motivo di gioia, ma di tristezza; dopo però rende un pacifico frutto di giustizia a quelli che sono stati esercitati per mezzo suo.” (Ebrei 12:6-11).

Contrariamente all’idea che ogni bambino nasce buono ed è poi corrotto dall’ambiente, la Bibbia ci insegna che veniamo al mondo già peccatori. Ecco cosa ci mostra il libro dei Proverbi: “La follia è legata al cuore del fanciullo, ma la verga della correzione l’allontanerà da lui. La verga e la riprensione danno sapienza, ma il fanciullo lasciato a se stesso fa vergogna a sua madre. Correggi tuo figlio, egli ti darà conforto e procurerà delizie all'anima tua. Non risparmiare la correzione al fanciullo; anche se lo batti con la verga, non morrà; lo batterai con la verga, ma libererai l'anima sua dallo Sceol.” (Proverbi 22:15; 29:15 e 17; 23:13-14). Davide non ha agito così, perciò non gli è rimasto che piangere la perdita del figlio.

Nei prossimi 3 minuti vedremo un drago travestito da agnello.

Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#271 - Affinché siano tutti uno - Giovanni 17:20-26

Quando all’improvviso entri in una stanza e scopri che qualcuno sta parlando male di te, il sentimento è di tristezza e indignazione. Ma cosa succederebbe, invece, se tale persona stesse dicendo bene di te? O addirittura ancor di più: se stesse intercedendo per te, volendo il meglio per te? È ciò che troviamo in questi versetti. Qui si entrerà nell’intimità di una conversazione tra il Padre e il Figlio, avente come soggetto coloro che in futuro avrebbero creduto in Gesù. Duemila anni fa, infatti, il Signore già intercedeva per me presso il Padre. E guarda cosa gli dice:


Or io non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me per mezzo della loro [degli apostoli] parola, affinché siano tutti uno, come tu, o Padre, sei in me e io in te; siano anch'essi uno in noi, affinché il mondo creda che tu mi hai mandato. E io ho dato loro la gloria che tu hai dato a me, affinché siano uno, come noi siamo uno. Io sono in loro e tu in me, affinché siano perfetti nell'unità, e affinché il mondo conosca che tu mi hai mandato e li hai amati, come hai amato me. (Giovanni 17:20-23).


La stessa unità, che esiste fra il Padre e il Figlio, deve esserci tra quelli che sono stati salvati da lui: tutti hanno uno stesso e unico Salvatore. Al di là di questo aspetto dell’unità, così come Cristo manifestava Dio nel mondo, il cristiano dovrà essere l’espressione di Cristo nel suo carattere e comportamento. Nel libro degli Atti, capitolo 4, quando gli apostoli sono stati interrogati dalle autorità e dal sommo sacerdote, questi “si meravigliavano e riconoscevano che erano stati con Gesù. (Atti 4:13). La testimonianza dei discepoli era coerente con quella di Gesù, poiché c’era una convergenza di tratti e propositi che il mondo poteva percepire.


Gesù, però, va oltre nella sua preghiera: “Padre, io voglio che dove sono io, siano con me anche coloro che tu mi hai dato, affinché vedano la mia gloria che tu mi hai dato, perché tu mi hai amato prima della fondazione del mondo. (Giovanni 17:24). Ricordati che qua ne parla come se avesse già compiuto l’opera della redenzione, morendo, essendo risuscitato e poi sedendosi “alla destra della Maestà nell'alto dei cieli” (Ebrei 1:3). Ed è in questo luogo d’indescrivibile gloria che Gesù ci vuole, al fine di contemplare la sua gloria.


Inoltre, ci fa guardare al futuro eterno e, contemporaneamente, al passato eterno. Quando afferma: “Dove sono io, siano con me…”, sta parlando dell’immutabilità della sua gloria eterna; dopo ci aggiunge: “Perché tu mi hai amato prima della fondazione del mondo (Giovanni 17:24), cioè nell’eternità, prima di tutti i secoli. Fra l’uno e l’altro c’è il tempo, questa cosa lineare che Dio ha creato insieme alla materia che conosciamo, il quale cesserà di esistere quando raggiungeremo lo stato eterno.


Nella cristianità, diventata gran rovina anche a causa delle migliaia di denominazioni religiose che negano appunto il principio dell’unità, si riesce ancora a trovare unità in quello che identifica ogni cristiano: il nome di Gesù. Come mai alcuni danno così poco valore a questo prezioso nome fino al punto di voler essere identificati con nomi di religioni create dagli uomini?


Nei prossimi 3 minuti Gesù ripercorrerà lo stesso cammino intrapreso dal re Davide mille anni prima.


Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#270 – Nessuno di loro è perito - Giovanni 17:10-19

Gesù glorifica il Padre salvando i peccatori, ed è glorificato da ognuno che salva. Lui stesso lo afferma: “Io sono glorificato in loro (Giovanni 17:10). Inoltre, in questo mondo, Gesù non è glorificato soltanto attraverso i suoi, ma anche dalla cura che ha di loro, affinché nessuno vada perso. Tanto il ricevere la salvezza, quanto il mantenerla, non provengono da noi, però da Dio. Altrimenti sarebbe l’uomo ad essere glorificato dalla sua salvezza e dalla sua perseveranza nel conservarsi salvato.


Nel tempo in cui era qui, il Signore proteggeva i suoi discepoli; infatti, nessuno di loro è perito tranne Giuda, il quale era destinato alla perdizione. Ed ora chiederà al Padre di custodire tutti coloro che sono suoi; questa stessa intercessione Gesù continuerà a farla in cielo per ciascuna anima da lui salvata. Se credi veramente in Cristo, sappi che niente e nessuno può toglierti dalle mani del Padre.


Sì, Gesù salvaguardava i suoi discepoli mentre era con loro, e ancora di più dopo la formazione della chiesa nel giorno di Pentecoste (Atti 2). Da quel giorno in poi ogni persona che crede in Gesù è sigillata con lo Spirito Santo, la sua garanzia affinché non perisca in eterno. Guarda cosa ci mostrano questi versetti tratti dalle lettere di Paolo agli Efesini e ai Corinzi:


Or colui che ci conferma assieme a voi in Cristo e ci ha unti è Dio, il quale ci ha anche sigillati e ci ha dato la caparra dello Spirito nei nostri cuori… In lui anche voi, dopo aver udita la parola della verità, l'evangelo della vostra salvezza, e aver creduto, siete stati sigillati con lo Spirito Santo della promessa; il quale è la garanzia della nostra eredità, in vista della piena redenzione dell'acquistata proprietà a lode della sua gloria… Or colui che ci ha formati proprio per questo è Dio, il quale ci ha anche dato la caparra dello Spirito… lo Spirito Santo di Dio, col quale siete stati sigillati per il giorno della redenzione. (2 Corinzi 1:21-22; Efesini 1:13-14; 2 Corinzi 5:5; Efesini 4:30).


Anticamente i re convalidavano un documento apponendovi sopra il loro sigillo, il marchio del loro anello premuto su una goccia di cera fusa, o solo con l’inchiostro, come se fosse un timbro. Il sigillo era la garanzia di proprietà. Così fa Dio quando sigilla con lo Spirito Santo tutti coloro che sono salvati da Gesù, come a dire: “Questa è mia proprietà, nessuno può togliermela dalle mani.”. Il credente che ritiene di poter perdere la sua salvezza o lo Spirito Santo con cui è stato suggellato come garanzia, in realtà non ha la minima idea di chi sia Dio e di quanto lui sia pieno di zelo per quello che è suo.


Ma che pensare di quelli che un giorno sembravano si fossero davvero convertiti e poi sono tornati ad essere ciò che erano o pure peggio? Beh, forse non sono mai nati di nuovo, non hanno mai creduto in Gesù, ma hanno semplicemente adottato una religione cristiana, imparando a fingere. L’apostolo Giovanni ci parla di tale tipo di persona nella sua prima lettera: “Sono usciti di mezzo a noi, ma non erano dei nostri perché, se fossero stati dei nostri, sarebbero rimasti con noi; ma ciò è accaduto perché fosse palesato che non tutti sono dei nostri. (1 Giovanni 2:19).


Nei prossimi 3 minuti Gesù ci rivelerà cosa desidera per quelli che, nelle future generazioni, crederebbero in lui, cioè tu ed io.


Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

#269 - Un mondo migliore? - Giovanni 17:6-9

L’affermazione che Gesù fa nel versetto 9 potrebbe forse sorprendere alcuni: “Non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. (Giovanni 17:9). Cioè? Come mai esclude il mondo dalla sua intercessione, quando è proprio esso ad avere tanto bisogno di progresso, unione e armonia tra i popoli?! Certamente ti sarà già capitato di sentire il Papa, il Dalai Lama o qualsiasi altro leader religioso predicando la pace mondiale e lo sviluppo della società. Eppure, il Signore non l’ha mai fatto.


Sulla croce ha persino interceduto per i suoi carnefici dicendo: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Luca 23:34), tuttavia in nessun momento ha provato a cambiare il sistema dell’epoca, a incrementare l’economia o a combattere per leggi più giuste. E la ragione è semplice: Dio ha desistito dal migliorare il mondo che ha rifiutato suo Figlio. Invece, tuttora, quello che fa è “lavorare” per riscattare dal mondo un popolo per sé stesso (Giovanni 5:17). Sì, essi sono coloro che credono in lui come l’unico Dio vero e in Gesù Cristo, il Figlio di Dio che è venuto a morire al fine di salvarci.


Se tu fossi il capitano del Titanic, dopo aver colpito l’iceberg, cosa avresti chiesto ai passeggeri? Di prendere dei pennelli e della vernice affinché dipingessero la nave di un colore più vivace? No! Diresti loro di andarsene poiché la nave era condannata. Così ha scritto l’apostolo Pietro nella sua seconda epistola: “Ora, i cieli e la terra attuali sono conservati dalla medesima parola, riservati al fuoco per il giorno del giudizio e della rovina degli empi… i cieli con fragore passeranno, gli elementi consumati dal calore si dissolveranno e la terra con quanto c'è in essa sarà distrutta. (2 Pietro 3:7-10).


Quando credi nella Parola di Dio, ha tanto senso cercare di perfezionare il mondo quanto di pitturare con colori più allegri il nero carbone che hai appena comprato per il tuo barbecue. Il suo destino sarà il fuoco, nonostante ogni tuo inutile sforzo per ravvivarlo. Ed è per questo che, nel capitolo 17 di Giovanni, Gesù non prega per il mondo ma per quanti il Padre gli ha dato dal mondo, eletti ancora prima della creazione (Efesini 1:4). Queste, appunto, sono le persone che credono nella Parola di Dio e sono state salvate mediante la fede nel Salvatore. Il vangelo non è una missione per il miglioramento del pianeta; il vangelo è una missione di riscatto.


Molti cristiani non capiscono la loro vocazione, ritenendo di dover immischiarsi nella politica e nei sistemi esistenti come se fossero cittadini della terra. No, non lo sono, e ce lo dimostra un passaggio della lettera di Paolo ai Filippesi: “La nostra cittadinanza infatti è nei cieli, da dove aspettiamo pure il Salvatore, il Signor Gesù Cristo (Filippesi 3:20). Se io andassi in Nepal, ad esempio, potrei anche aiutare i bisognosi, sfamandoli e vestendoli, però non spetta a me occuparmi della politica di quel Paese. Lì sarei uno straniero, così come il cristiano è uno straniero in questo mondo. E non sono io a dirlo, è Gesù, che addirittura lo ripete ben due volte in questo capitolo: “Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. (Giovanni 17:14, 16).


Non tutti i passeggeri del Titanic, i quali hanno avuto accesso alle scialuppe di salvataggio, sopravvissero. E tutti quelli che il Padre ha dato a Gesù, saranno eternamente al sicuro? La risposta è nei prossimi 3 minuti.


Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

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