#091 - Il secondo comandamento - Matteo 22:39-40

Dopo aver parlato del primo gran comandamento - amare Dio sopra ogni cosa - Gesù ci parla del secondo: “Ama il tuo prossimo come te stesso.” (Matteo 22:39). Oggigiorno questo secondo comandamento è molto usato dagli scrittori spiritualisti ma in modo zoppo, perché ci induce al seguente ragionamento:

“Beh, se ho bisogno di amare il mio prossimo come me stesso, sarebbe meglio che io adesso cominciassi ad amarmi di più... mmh... vediamo... ultimamente non mi sono amato molto, non mi sono valorizzato... dovrei davvero aumentare la mia autostima... ” Hai già capito dove voglio arrivare, vero?

Appunto, e il passo successivo sarà chiedere al mio prossimo che aspetti una vita, mentre prima cerco di risolvere la questione dell’amare me stesso. Questo ci porta a quella massima usata sempre di più dalla pubblicità: “Ti meriti di essere felice!” Poiché il cuore umano è insaziabile, non riterrò mai di amarmi già abbastanza da poter, così, amare il mio prossimo.

Quest’atteggiamento ci riporta all’idolatria, di cui ho parlato negli ultimi 3 minuti, e più specificamente all’adorazione di se stessi. Sarà stato così che Gesù ci ha amati? No, per amarci lui “annichilì se stesso, prendendo forma di servo e divenendo simile agli uomini; ed essendo trovato nell’esteriore come un uomo, abbassò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte della croce.” (Filippesi 2:7-8). Questo sì che è amore.

Poiché abbiamo una natura corrotta dal peccato, tu ed io, però, non siamo capaci di amare come Gesù ha amato, a meno che non ci sia un intervento divino per trapiantare questo suo amore in noi. Quest’intervento avviene quando credi in Gesù, e nell’effetto che il suo sacrificio sulla croce ha sulla tua colpa presso Dio.

L’apostolo Giovanni, conosciuto come essendo “il discepolo che Gesù amava” (Giovanni 21:20), ci scrive: “Diletti, amiamoci gli uni gli altri; perché l’amore è da Dio, e chiunque ama è nato da Dio e conosce Iddio.” (I Giovanni 4:7). Vedi l’ordine delle cose? Non è amando il tuo prossimo che sarai salvato, però colui che è già salvo, che è nato da Dio, è quello in grado di amare con un amore che non è il suo, ma che proviene da Dio.

Nel suo vangelo, questo stesso Giovanni afferma che “il Padre ama il Figliuolo, e gli ha dato ogni cosa in mano. Chi crede nel Figliuolo ha vita eterna; ma chi rifiuta di credere al Figliuolo non vedrà la vita, ma l’ira di Dio resta sopra lui.” (Giovanni 3:35-36). Ma cos’è questa ira? È la pena che tutti noi meritiamo perché siamo peccatori. La giustizia richiede una condanna del trasgressore, però Dio non si compiace di condannarti a un’eternità nelle tenebre. Ed ecco qui ancora una volta Giovanni, il quale nella sua prima epistola ci dice:

“In questo è l’amore: non che noi abbiamo amato Iddio, ma che Egli ha amato noi, e ha mandato il suo Figliuolo per essere la propiziazione per i nostri peccati." (I Giovanni 4:10). “Propiziare” significa placare l’ira di Dio. Ora fa' attenzione: Gesù è morto sulla croce perché tu fossi salvato. L’ha fatto per te. Ci sarà un amore più grande del suo? No. Esisterà ingratitudine più grande che quella di disprezzare quest’amore? No.

Mario Persona - (Tradotto da Cristina Fioretti)

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